Archivio | febbraio, 2013

4 Premi. Sono in ritardo con i grazie!

27 Feb

Sono un maleducato, lo ammetto. Si aggiunge alla lunga lista dei miei difetti.

Vi spiego perché sono maleducato. Nel mese di febbraio ben quattro blogger hanno avuto la pazienza di assegnarmi quattro premi diversi. Complice però il viaggio a Palermo, l’assenza di notifiche da parte di WordPress, impegni vari e un’attenta riflessione sul blog, non sono mai riuscito a trovare pubblicamente il tempo per ringraziarli. Cerco di rimediare adesso, sperando che non sia troppo tardi!

Premi

Quello che appare come un banalissimo fotomontaggio fatto in Paint è in realtà un banalissimo fotomontaggio fatto in Paint. Ebbene sì, come chi mi conosce sa perfettamente, odio la post-produzione. Dunque Paint per me è il programma più semplice per fare un minimo di elaborazione.

Ma in quel banalissimo fotomontaggio fatto in Paint – ripeto tante volte il nome del programma nella speranza di ricevere da parte dei creatori un qualche premio di riconoscenza per la pubblicità che sto facendo – c’è l’elenco di tutti i premi ricevuti. Uno più bello dell’altro. Andando in ordine cronologico ringrazio:

  • La grandissima, profonda e spirituale Cate, fresca di compleanno, per il premio Blogger Simpatico!
  • Emiliano, a cui faccio un in bocca al lupo per i nuovi progetti che sta realizzando, tra cui i video, per il Liebster Blog Award!
  • Valivi, fornitrice di conoscenze a tutto tondo, che mi conferisce anche l’impegnativo Very Inspiring Blogger Award!
  • La Triquetra, a cui ho promesso farò da Cicerone a Genova se mai farà una vacanza dalla sua splendida Palermo, e che apprezzo per la bravura, per il The Versatile Blogger.

Mi accorgo soltanto adesso che nel mio banalissimo fotomontaggio realizzato in Paint i premi sono stati disposti inconsciamente andando in senso orario!

Non sono bravo con i ringraziamenti. In questo momento ammetto di essere un po’ stanco e un po’ demotivato. Non solo per la mancanza di premi da parte degli autori di Paint, ma per un paio di pensieri improvvisi. Ma vi consiglio vivamente di andare a visitare i loro blog. Perché se non mi volete credere sulla parola, almeno potrete farvi una vostra opinione e scoprire quanto in realtà siano tutti bravi e straordinari a loro modo.

Mi spaventano un po’ questi riconoscimenti, perché sono molto impegnativi. Ho cercato di trasformare il blog in uno spazio aperto a varie idee e pensieri, non il classico blog monocorde, ma con sempre un filone comune che fosse la mia identità. Speravo, quando ho aperto il blog, di riuscire a ispirare almeno una persona. E mi auguravo di non deprimere il mondo con le mie seghe mentali. Parlo al passato, lo confermo al presente e lo sogno per il futuro.

A quei quattro blogger non vanno solo i miei più grandi ringraziamenti. Vanno anche i premi di cui sopra. Perché tutti loro se li meritano. Questa volta non agirò come al solito, facendo nomination e seguendo le solite regole. Ringrazio genericamente voi altri blogger che seguo e che mi seguite, chi più chi meno. Vecchi e nuovi. Dalla mia città, dalle isole, dal nord al sud. Scrittori, filosofi, impiegati, disoccupati, ragazzi, mamme o neo-mamme, studenti. Perché con le vostre storie riuscite a farmi riflettere, ispirare, sorridere, piangere, scoprire. A tutti voi vanno quei premi.

Grazie.

Andrea

Decisioni

26 Feb

Ultimamente ho iniziato quasi tutti i nuovi articoli con delle premesse. E anche questa volta ci ricasco. In origine avevo in mente un tema, quello delle decisioni. Che se vorrete leggerete. Oggi però è giornata di politica e di esiti, di proteste e di dubbi. Sono onestamente spaventato e amareggiato dai risultati. Guardo questi anni della storia italiana e vedo il buio. Vedo il buio in cui questo paese è piombato e me ne disaffeziono. Augurandomi un giorno di poter fare le valige e trovare la mia casa ovunque fuorché qui. Avrei potuto parlare di politica a caldo, sulla base di previsioni, di risultati immediati. I miei sarebbero stati più sfoghi e commenti facili, non dissimili da quelli che stanno invadendo facebook in questo momento. Fatemi parlare di altro adesso.

Il comportamento umano è terribilmente affascinante. Ci nascondiamo dietro infinite maschere. Ci facciamo sedurre dall’estetica e dall’apparenza. Per non valicare mai quel muro di gesti e dettagli che finiscono nel dimenticatoio. Persi da visioni fugaci di una realtà sempre più sfuggente. Uccisi da un mondo omologante.

Ci preoccupiamo per ciò che diciamo. Di fiumi di parole che vengono esternati e condivisi. Che fuoriescono in vortici impetuosi. Ci preoccupiamo per quanto poco osiamo dire. Restiamo sempre lì in attesa di messaggi, di saluti, di carezze. Attendiamo che l’altra persona faccia il suo agognato passo.

È straziante. A furia di attendere gli altri restiamo immobili. Vincolati in prigioni che abbiamo costruito e in cui ci siamo ingabbiati autonomamente. La vita è una e tristemente troppo breve per viverla nell’attesa. Il tempo scorre. Personalmente ho perso troppi treni nell’attesa che un sogno si avverasse. Nell’attesa di un gesto spontaneo che non arrivava se non con un doppio fine. Nell’attesa che gli altri si liberassero dalle loro paure. Nell’attesa.

La vita è una costante decisione. Non possiamo fare altro che accettarlo. Ciò di cui forse non ne siamo consapevoli è che le decisioni le prendiamo sempre. Anche a nostra insaputa. Alla fine attendere o muoverci in totale libertà è pur sempre una scelta. L’uso delle parole che osiamo pronunciare in presenza o in assenza di qualcun altro è una scelta autonoma.

Non ci rendiamo conto che non prendere una decisione si tramuta essa stessa in una decisione. Il silenzio è impietoso talvolta. Arriva come una lenta minaccia. Un coltello che affonda nel buio. Speriamo di ricevere una risposta a una nostra domanda, di vedere il nostro gesto ricompensato. Ma il mancato scambio manifesta a sua volta un esito. Una scelta del nostro interlocutore. Senza che chi per esso se ne accorga.

Non sempre quel silenzio è il male. Aiuta a farci capire molto di più di tante vane promesse gettate nell’aria.

Il piccolo gesto è in sé carico di grandi significati. Mi piace osservare le persone. Vedere i loro tic, le loro paure o le loro ansie. Ho visto gente cercare di convincere gli altri di essere i migliori e i più grandi. Di non avere paura. Ma l’uomo è incapace di essere così libero. Tutti abbiamo paura di qualcosa. Ognuno di noi ha almeno una qualità invidiabile e un difetto inenarrabile. La loro conoscenza è una nostra consapevolezza. Possiamo celarla allo sguardo superficiale. Ma un’unghia mangiata, una sigaretta perennemente nella nostra bocca, un occhio che punta verso il basso, una stretta di mano troppo debole, un fisico tonico non sfuggono all’occhio attento.

Siamo terrorizzati dai nostri sentimenti. Spaventati da ciò che possiamo essere in realtà. Ci imponiamo sogni per convincerci che ci attende qualcosa di meglio. Di tanto in tanto è davvero così. Sommiamo e sommiamo i nostri pensieri cercando di cancellarli dalle nostre menti. Abbandonandoci a tradizioni e a lezioni, senza chiederci il giusto e il sbagliato.

Inconsciamente viviamo una vita passivamente. Ignari che anche questa è una nostra scelta. Ignari che prima o poi tutto ci sfuggirà di mano. Possiamo essere i burattini o il burattinaio.

Non voglio dare nulla per scontato. Sta a noi vedere il bello che ci circonda. Prendere quei piccoli gesti e coglierne la potenza devastante che sono in grado di significare. Voglio essere il burattinaio.

È una lezione che inizio a imparare soltanto adesso.

E nonostante tutto ho paura a prendere alcune decisioni in questo momento…

@aMe
Andrea Magliano

Io voto Hello Kitty

22 Feb

Poffarbacco, sono in ritardo! A mezzanotte scenderà il silenzio pre-elezioni e non si potrà più fare campagna. Volevo però condividere con voi il partito che preferisco e che dunque riceverà il mio voto!

Mi chiedo da un po’ Ma per chi voterò? Insomma queste elezioni sembrano il caos totale! L’Italia sta affrontando una recessione che l’ha resa in fin di vita. Ma non si cerca più di uscirne. Tutte le ipotetiche soluzioni sono divenute parte integrante dei programmi e dunque il Parlamento cazzeggia amabilmente su qual è lo striscione migliore! Il Governo cade per la terza volta consecutiva, perché Monti si è dimesso come Berlusconi prima di lui ed entrambi lasciano l’incarico anzitempo come Prodi! Il Presidente della Repubblica è vittima anche lui della crisi. Dicono che il suo mandato sia finito, ma vi svelo la verità. Non ha pagato l’IMU ed è stato sfrattato! Come se non bastasse, anche il Papa ha deciso di dimettersi proprio in queste settimane! I ben informati sostengono che abbia trovato un lavoro molto più redditizio in un casinò di Las Vegas e che celebrerà matrimoni vestito da Elvis!

Queste elezioni segnano la fine del sistema bipartitico italiano. L’esperimento di riunire tutti i partiti in due maxi coalizioni fallisce miseramente e ora ci troviamo una sfilza di nomi e candidati che nessuno sa più neanche chi è con chi, chi sta a destra e chi sta a sinistra. Insomma, un tempo avevamo i bei faccioni di Bersani e Berlusconi in primo piano. Ora è peggio di un registro scolastico! E ogni giorno ne sbuca uno nuovo! Sono molto ignorante in materia politica, ma chi è Ingroia? Un nuovo alunno?

Però, nessuno di loro mi convince! Bersani lo apprezzo per il suo simpatico accento, ma non ce l’ho come amico su Facebook. Casini mi fa tenerezza, perché ci prova a fare politica, ma proprio non ce la fa. Poi c’è Grillo, di cui tutti parlano, ma personalmente non mi convince perché di comici al potere ne abbiamo già avuti. Poi c’è la Lega, ma non ricordo se il verde sarà il colore della moda primavera estate 2013 e non voglio ritrovarmi con il guardaroba sbagliato! Monti mi stava più simpatico quando faceva il maggiordomo prima di tutta questa operazione simpatia con tanto di cagnolino sempre in mostra, neanche fosse un’attrice hollywoodiana con il suo chihuaha! E poi c’è Berlusconi, su cui avrei tanto da dire, ma che non dico perché è meglio. Ha avuto 17 anni per governare, insomma, diamo spazio ai giovani per una buona volta! E poi mi ha mandato la lettera per il rimborso IMU, ma sono un disoccupato/precario che vive con i genitori, dunque l’IMU non la pago! Perché dovrei votarlo?

E allora chi votare? Beh, una soluzione c’è: HELLO KITTY! Voglio dire. Cerchiamo tutti la novità e allora andiamo incontro alla novità! Hello Kitty sarà il primo Presidente del Consiglio femmina! E anche animale che non si vergogna di ammetterlo! Poi è rosa e chic allo stesso tempo! Il suo è il vero partito dell’amore! Hello Kitty è proprietaria di qualsiasi cosa possibile. Possiede aeroplani con tanto di cuscini personalizzati, parchi divertimento, utensili per la casa, libri, elettrodomestici, industrie, forse anche una squadra di calcio, abbigliamenti con il proprio marchio per donna e uomo. E poi produce alcuni simpatici boxer maschili, tra i più apprezzati e ricercati dal mercato, che assolvono anche alla funzione di contraccettivo naturale! Perché voglio sapere chi vuole fare sesso dopo aver visto quest’intimo! Hello Kitty pensa sempre a tutto!

Boxer Hello Kitty

In sintesi, una persona così potente che riesce a uscire indenne dalla recessione mi sembra l’esempio migliore per risanare l’Italia in un momento così difficile! E poi ricordiamoci che alla base della nostra vita c’è sempre una donna e le donne sono uniche!

Insomma, convenite con me che alla fine Hello Kitty è l’unica scelta sensata alle prossime elezioni! Per cui domenica quando andrete a votare barrate l’apposita casella con la matita che vi verrà data in dotazione. Diffidate dai falsi e attenzione se vi danno quelle penne con inchiostro simpatico!

Hello Kitty

Vota Hello Kitty! Votala per un domani migliore!
Votala e riceverai un paio di quei fantastici boxer!

@aMe
Andrea Magliano

PS. poiché io non sono un comico e il mio sarcasmo – laddove effettivamente esista – è facilmente fraintendibile, ricordo, a chi non avesse colto, il tono ironico con cui è stato pensato e scritto l’articolo di cui sopra. Ma l’ironia e il sarcasmo rivelano sempre dei fondi di verità, per citare la parola da indovinare all’Eredità di questa sera – eh sì, mi tocca guardare quel programma purtroppo! -. In questo articolo ho dichiarato due verità sacrosante, l’importanza della donna e il fatto che seriamente, SE voterò alle prossime elezioni, il mio voto sarà dato a Hello Kitty. Riconosco l’importanza del voto e il fatto che questo è un diritto da non sprecare. Una libertà ottenuta con il sangue e il sudore nel corso dei secoli. Ma personalmente ritengo che la classe politica italiana sia, dal primo all’ultimo, corrotta e ormai poco rappresentativa degli interessi del popolo. In questo mese non ho sentito concretamente un programma elettorale, ma ho sempre visto operazioni di riqualificazione dell’immagine del politico di turno. Purtroppo nella politica italiana ho perso totalmente fiducia e mi spiace dirlo. Ascoltando la gente per strada mi sembra sia una sensazione condivisa. E la sfiducia del popolo è la cosa peggiore a cui si dovrebbe giungere. Buone elezioni.

@aMe
Andrea Magliano

Un bacio

19 Feb

Ho ancora un desiderio.

Dammi un bacio.
L’ultimo.

Chiudo gli occhi un’ultima volta.
So che tu sei qui.

Fammi assaporare questo momento.
Non illudermi.

Non allontanarti.
Ancora uno.

Un ultimo bacio.
Questa volta sul serio.

Lo giuro.

©aMe
Andrea Magliano

Riflessioni su Palermo

17 Feb

Quello che segue non sarà il resoconto formale del viaggio a Palermo. Sarà un articolo personale di conclusioni. Risposte a cui sono giunto. A cui penso da molto tempo. Le coincidenze fini a se stesse, ribadisco, non credo esistano. Tanti sono stati i segnali affinché scendessi in quella terra e le risposte, giuste o sbagliate, non sono tardate ad arrivare. Questo post esce con estrema fatica dalla mia testa. Oggi è una settimana che sono ritornato.

Faccio una doverosa promessa. Non fraintendete le parole e i giudizi che seguiranno sulla città di Palermo. Personalmente ho apprezzato e amato quella città. L’ho visitata libero da pregiudizi sulle differenze tra nord e sud che i media impongono. Su cosa è meglio. Ho imparato che tutto il mondo è paese e ovunque si può imparare qualcosa. Palermo l’ho vissuta con gli occhi di un bimbo a cui è stato regalato il nuovo giocattolo. Un giocattolo colmo di sorprese.

In tanti mi hanno chiesto il motivo di questo viaggio. Non racconterò mai a nessuno tutte le reali ragioni. A ognuno ne ho al più svelate una parte. Mi piace essere spontaneo, ma il mio più grande difetto – o pregio qualsivoglia – è che non posso smettere di pensare. E dunque Palermo è stata valutata attentamente. Ho già spiegato che era la città italiana più distante, facilmente raggiungibile da Genova, e che richiedeva di combattere la paura dell’aereo. Era il viaggio in solitaria che dovevo affrontare.

Vi svelo un nuovo motivo però. E scommetto che nessuno di voi ci ha mai pensato. E ora capirete fino a che punto posso farmi seghe mentali. Nella mia testa ho sempre maturato l’idea che Genova e Palermo fossero interscambiabili. Rispettivamente la sesta e quinta città d’Italia, città di mare e porti protetti da alture circostanti. Chiuse nel loro piccolo mondo, cercando di restare al passo con quello che succede al di là di quelle colline. Per me Palermo è la Genova del Sud o, se volete, Genova è la Palermo del Nord. Le due città si affacciano l’una di fronte all’altra. Sì, è vero, non sono esattamente frontali, ma si guardano pur sempre negli occhi. È una sorta di gioco di specchi. Come quando scrissi Andrea allo specchio.

Sono ossessionato dagli specchi come elementi rivelatori. Come quando Alice guarda dietro lo specchio e capisce che non sempre esiste una corrispondenza biunivoca, ma che invece spesso si nascondono nuove verità e asimmetrie perfette. Per vederle bisogna varcare quella soglia, uscire dalla propria situazione e diventarne estranei. Solo in questo modo si è in grado di decifrare il messaggio senza esserne influenzati. Ecco perché insistevo con l’immagine di me seduto su una spiaggia palermitana in posizione zen. Voleva dire guardarmi nel profondo e capire il perché. Guardarmi allo specchio e vedere la mia vita a Genova.

Avevo bisogno di fuggire dalla mia vita. Dalle continue discussioni che affronto. Dalla situazione castrante in cui mi trovo. E giungere alla conclusione più semplice e brutale di tutte. In questo momento non sono felice. Nonostante, se mi si chieda, rispondo sempre che tutto va bene e cerco di ridere. Cerco sempre la buona parola per tutti. In questo momento però non sono felice. Non sono felice di quel che sono e di quel che ho. La noia, per esempio.

Quando sono arrivato a Palermo, sono stato catapultato in una città che vive sulla commistione di contraddizioni. La città passa dal medioevo allo stile arabo, fascista, barocco con un’estrema facilità. Muovendosi per il centro della città, si attraversa una strada moderna e ricca – anche se la ricchezza mi è sembrata più ostentata che reale – a intere zone e quartieri letteralmente abbandonati a loro stessi. Vere e proprio favelas di saracinesche abbassate, rifiuti abbandonati lungo la via e baraccopoli improvvisate. Di tradizioni dure a morire concatenate alla ricerca del moderno. Personalmente sono rimasto basito nello scoprire che all’interno della stazione dei treni c’è una cappella, ma non una vera e propria sala d’attesa. Confido di non averla trovata. E sulla mafia in generale ho incontrato tanta omertà. Mi ha spaventato.

Uno dei più grandi doni che mi è stato fatto sono gli occhi. Ho occhi per osservare e una testa per riflettere. Ho girato in lungo e in largo il centro della città, perdendomi nelle viuzze e nei mercati. Guardando la gente, ascoltandola parlare. Assaporando per quel poco che mi è stato concesso quell’ambiente. Nel vedere tanti uomini ancora con i baffoni e il classico cappello siciliano. Nel sentire un accento diverso dal mio e gruppi che tra di loro parlavano in dialetto. Io ero uno straniero. E questa cosa mi ha fatto riflettere, perché l’unico posto in cui mi sono sentito a casa è New York e lì non sarò un semplice straniero, ma un vero e proprio immigrato in cerca di casa. Come tanti Siciliani nei primi decenni del Novecento. Ho iniziato a comprendere i fenomeni migratori dal Sud al Nord. Solo che io per cinque giorni, lo stavo effettuando nel senso opposto.

In quella mescolanza di tradizioni e stili, di vecchio e nuovo, non posso che rivedermi. In questo momento mi sento da un lato totalmente vecchio, ancora legato a un passato che mi è utile per capire dove mi ha portato e che mi ha totalmente costruito, ma che non deve impedirmi di crescere e fare il passo successivo. Vedo quel che sono, non mi piace, cerco di cambiare. Con lo spettro di ciò che è stato che mi tarpa le ali. Mi sto sforzando di liberarmi da queste catene. E come ho già più volte ribadito, il piercing, il cambio dei vestiti, il taglio di capelli, le canzoni e il resto sono una ricerca di crescere. Di guardare il futuro per una buona volta. Perché non bisogna mai dimenticare il proprio passato. Ma il passato è passato. Forse è per questo che inizialmente l’impatto con Palermo non è stato positivo. L’ho capito dopo. Mi ha messo troppo a nudo, scoprendo verità che non volevo guardare.

Sono arrivato in una città che era un cantiere in ogni angolo mi voltassi. Ma sono io per primo un cantiere. Sono un work in progress oramai da troppo tempo. E non ho più voglia di esserlo. Uno dei miei pregi è che nonostante tutto ho la forza di affrontare – con i miei ritmi – le mie paure. Capire quali sono i miei limiti e cercare di provare a spostarli sempre più in là. Di cadere, ma di rialzarmi. Mi lamento sempre, è vero, eppure sono sempre qua. Giungo alla conclusione di guardare Palermo e dirmi bene, questo è ciò che sono. Che cosa voglio fare? Lo chiudiamo o no questo cantiere? Rimettiamo in mostra le tue bellezze e facciamo vedere quanto vali?

Non sono felice perché ho troppe lacune. Ho affrontato il viaggio in solitaria per mettermi alla prova. In verità, sono stato soltanto due giorni da solo, poi ho avuto la fortuna di incontrare un amico che mi ha accompagnato a sua insaputa in questo viaggio di riscoperta. E che inconsapevolmente, raccontandomi la sua storia, mi ha trasmesso un’importante lezione di vita. Per cui non potrò mai sdebitarmi. Mi ha fatto vedere quel che sono e contestualmente quel che potrei diventare.

In quei due giorni che sono stato da solo non è andato tutto rosa e fiori. La solitudine si è fatta sentire, tanto, soprattutto quando ero a tavola e alla sera. Non c’è nulla da fare. Ho dedotto che non sono timido, non sono molto estroverso, ma al tempo stesso non sono introverso. Ho bisogno della compagnia. Mi piace condividere. Parlare. E io chiedo troppo da me. Gennaio è stato un mese massacrante, ai limiti dell’esaurimento. Il viaggio volto alla riscoperta e tutte le piccole sfide che ho sommato insieme si sono rivelate una tensione troppo grande da sopportare. Eppure ce l’ho fatta. Perché il bello è questo. Nonostante tutto sono sopravvissuto, non solo nel senso letterale. Intendo che sono sopravvissuto mentalmente. Ho capito che sì, vorrei avere qualcuno sempre pronto a parlarmi e ad ascoltarmi, ad abbracciarmi e da abbracciare (vi ricordate L’importanza di un abbraccio?). Perché l’amore o l’amicizia non sono sentimenti di cui posso fare a meno. Mi ci sono voluti 23 anni e 800 km per capirlo. Mi ci sono volute tutte le persone nuove che ho conosciuto in questi quattro mesi per capire di cosa avevo bisogno realmente. E non solo le persone in sé. Ma che tipo di persone ho incontrato. Le loro teste. Le loro passioni. Per capire che cosa dovevo cercare e devo cercare per il mio futuro.

A Palermo ho cercato di chiacchierare con qualcuno. Finché, quando non cercavo nessuno, sono stato avvicinato da un signore anziano che mi ha fatto da Cicerone, offrendomi un passaggio, trasmettendomi fiducia. E dichiarando che i miei occhi e la mia persona avevano qualcosa di diverso da tutti gli altri. Nonostante fossi lì che mi aggiravo con la musica nelle orecchie. Mi ha detto che sembravo perso. Spaventato. Eppure, che in me c’è tanta disponibilità e spontaneità. Vedeva un bravo ragazzo, sognatore e vincente. Diceva che gli trasmettevo fiducia. Può forse uno sconosciuto che non mi ha mai visto giungere a descrivermi dopo cinque secondi? Perché è vero, sono spontaneo e alla fine un buono. Sulla fiducia me l’hanno sempre detto in tanti, tanto più che la gente dopo pochi incontri mi ha raccontato i propri sogni e le proprie paure. Spaventato e perso è altrettanto vero. Perché in questo momento sono in un limbo, nell’incrocio tra due direzioni. Di qua ho la mia strada e la mia felicità, di là ho la paura e un vicolo cieco. Quell’incontro mi ha aperto gli occhi e lo porterò sempre nel cuore.

Ho beccato un tempo assurdo. Il secondo giorno sembrava estate. A pranzo ha diluviato e nel pomeriggio il cielo si è rannuvolato. Il vento si è alzato e alla sera ha grandinato. La notte è stata serena, ma fredda. La pioggia è stato un leitmotiv costante del viaggio. E anche qui colgo l’imperante ironia. Andrea sotto la doccia. La doccia come nuovo battesimo, una sorta di purificazione. E la riscoperta di sé passa lavando via lo sporco e la paura di ciò che è stato. Mi accorgo che il mio grande terrore è che io sogno in grande, in un mondo dove uno su mille ce la fa ed io potrei non essere quell’uno. E più grande è il sogno più è alta l’eventuale caduta e il rischio di farsi male. Ma diamine, non posso fare a meno di sognare. E la vita è una, come giustamente mi è ricordato, e io voglio viverla senza rimpianti.

Sono religioso perché credo in Dio. Ma non sono cristiano. Cerco di prendere il meglio dalle religioni per confluire il pensiero nell’atavica necessità umana di credere nell’esistenza di qualcosa più grande che vigili sopra le nostre teste e ci guidi. A Palermo sono entrato in una chiesa e per la prima volta dopo molti anni mi sono seduto dieci minuti per pregare. Alla mia maniera, una chiacchierata interiore. Non datemi etichette, né assegnatele. Cercate sempre la libertà.

Sull’aereo ho iniziato a metabolizzare tutte queste conclusioni. È assurdo. Mi sono sempre sentito un bimbo, ma non ho mai dormito in posizione fetale. Sull’aereo ho pianto e ho riso, mi sono rannicchiato come un piccolo feto guardando fuori dal finestrino e mi sono addormentato. Affascinato. Perché le nuvole cariche di pioggia stavano sotto l’aereo e ciò che vedevo era un bellissimo cielo rosso in tramonto sopra il quale si levava una striscia azzurro mare e ancora sopra la notte. Un profondo senso di pace. Di libertà. La consapevolezza che devo fare tesoro di quei giorni e iniziare a spiccare il volo. Ce la farò. Ne ho la forza e la capacità.

Sarò per sempre grato a quel viaggio e a tutto ciò che è successo in quei giorni. A quegli incontri. Con la Sicilia ho un conto aperto e mi auguro di tornarci al più presto. Questa volta, però, facciamo con la bella stagione 😉

Andrea