Non esiste luce che sopravviva nel buio.
Facciamo un gioco. Chiudete gli occhi e immaginate di cadere in un sonno profondo. Vi risvegliate, ma qualcosa non funziona. I vostri occhi non collaborano. Non si vogliono aprire. Il panico inizia a impossessarsi di voi. Oddio, che cosa mi sta succedendo? Dove mi trovo?
Allungate la mano verso il volto, pronti a usare la forza pur di smuovere le palpebre. Ma improvvisamente vi accorgete che loro hanno sempre collaborato. La pupilla e l’iride sono scoperte. Il problema non siete voi.
Il problema è che manca la luce. Non c’è neanche quel bagliore tiepido che vi accompagna nel cuore della notte. Quel riflesso della luna che disegna i contorni dei mobili, che definisce i confini dello spazio che vi circonda. Che vi fa capire che siete a casa.
Qui il protagonista è l’oscurità totale. E se voi foste al centro di una stanza apparentemente spoglia, lontano da qualsiasi parete? Cosa succede adesso?
Chi segue il blog da un po’ si sarà accorto quanto importanti siano per me gli occhi. Ne parlavo giusto un mese fa in questo intervento, definendo l’occhio come una finestra sull’anima di una persona, nonché la nostra principale macchina fotografica, capace di estrapolare dettagli su di sé e sugli altri. Inoltre sono un aspirante artista visivo e, in qualità di esteta visuale, l’occhio è un elemento determinante. Insieme a cuore e cervello.
In quello stesso intervento descrissi la cecità come uno dei demoni che maggiormente mi spaventano:
E allora temo la cecità. Non chi è cieco perché non può osservare, ma chi è cieco perché non vede.
Fatta questa premessa, la seconda doverosa riguarda il concetto della crescita. Crescere per me vuol dire conoscere e affrontare quei demoni. Gettarsi nel profondo io inconscio e trovarsi faccia a faccia con loro. Interrogarsi per capire chi siamo e per capire ciò che ci circonda. Fare un’apparente violenza psicologica per rafforzare il corpo.
A Genova è stata installato un percorso didattico, Dialogo nel buio. Qui il sito. Si tratta di un’esperienza sensoriale in cui, sotto l’occhio di una guida ipovedente, si simulano situazioni di vita quotidiana nella più completa oscurità. La cecità. Il percorso è presente anche a Milano.
Non vi svelerò molto per evitare di rovinare la sorpresa. La visita a gruppi dura circa 45 minuti. Bisogna depositare borse, cellulari e oggetti vari. Dietro una tenda nera, la guida attende gli ospiti che sono immediatamente catapultati nel vivo dell’attrazione. Non esiste passaggio graduale perché ogni fonte di illuminazione è appositamente coperta.
Il primo gesto che mi ha colpito è stato il più banale. La guida allunga la mano in segno di saluto, ma ancor più chiede al prossimo di affidarsi completamente a lei. Un gesto di totale fiducia riposto in uno sconosciuto. Pochi secondi per decidere. Dentro o fuori. Siamo disposti a fare questo tuffo nel buio nel senso più specifico del termine?
Del resto lei è l’unica persona che sa sopravvivere in questa situazione per noi totalmente nuova. L’unica che vede nel buio e può tirarci fuori dal panico, dall’improvviso senso di claustrofobia e disorientamento che ci colpisce. La sola che ci può far muovere dalla parete. Quella guida che si trasforma in amico e ancor più in coscienza di una dimensione a noi estranea.
Il tendere la mano verso l’altro, la fiducia che siamo disposti a dare o a riporre. Gesti banali che nel buio amplificano la propria dimensione.
Nell’oscurità totale il corpo reagisce potenziando gli altri sensi. Chiudere gli occhi, sposta l’attenzione sugli odori o sui rumori. Prevale il tatto in questa nuova realtà. Ed è allora che ci si accorge che quest’ultima è solo una traslazione dell’altra. Noi siamo capaci di muoverci e di sopravvivere anche in assenza di luce.
Mancano i colori e mancano le forme. Ma forse è solo apparenza. La luce che proviene dal nostro corpo e dall’ambiente non è mai svanita. La sicurezza che prima era scomparsa torna graduale come un fedele compagno viaggiatore. Perché l’oscurità è una pura invenzione umana.
Impariamo a classificare il bene e il male come luce e buio, quando il confine è puramente labile. Catapultiamo noi stessi in quei momenti no, in quei momenti in cui tutto appare fragile e cadente, in prigioni oscure da cui fatichiamo a uscire. Dimenticandoci a volte la soluzione più semplice. Che una piccola fiamma, un fuoco, è capace di condurci alla salvezza. Là verso la luce. Sia questo fuoco la speranza, un amore, una persona o una fiamma in senso letterale.
E allora anche nel buio più profondo la luce esiste sempre. Bisogna sapere dove trovarla…
È stata un’esperienza catartica.
©®aMe
Andrea Magliano
Non so nemmeno commentarlo.
Bellissimo, Andrea.
C’è una canzone di un gruppo islandese a me molto caro, i Sigur Ròs, che composero anni fa (credo il ’98), dal titolo per l’appunto “Myrkur”, “Oscurità”.
Ti lascio il testo (e la traduzione), credo tu lo apprezzerai
Myrkur
Sigur Rós
Loftið leikur við lakið sveipar frið
Ljósið lýsir þér læðis farið er
Tunglið tekur við tælir hugans mið
Máninn mænir á myrkur far þú frá
Drauma mína sá drungalegur fer
Dagur risinn er myrkur margur er
Meiðir sér aleinn er
Il gioco d’aria sul tessuto ricopre la pace
La luce ti illumina e dà il via
La luna s’impossessa della tua mente
La luna osserva dall’alto, le tenebre si ritirano come un tessuto
I miei brutti sogni svaniscono come nuvole
Il giorno è sorto, molti
Sono coloro che si fanno male da soli
Ciao Davide, non hai idea di quanto apprezzi questo commento! Non tanto per i complimenti in sé, quanto per il tuo contributo. Rispetto ai precedenti interventi manca un contributo musicale perché faticavo a trovare una canzone adatta nel testo e nella musica. Beh ci hai pensato te 🙂 L’ho ascoltata e riascoltata, rileggendo il testo, perdendomi in quelle parole, in quelle oscurità mentali che si levano, perché alla fine sono tutti artifici nostri. E chi non lo capisce è destinato a farsi del male da solo. Ottima scelta musicale 🙂 Lo apprezzo sul serio!
Andrea
“Perché l’oscurità è una pura invenzione umana”. Davvero bella questa, come tutto il post del resto!
Gabriele
Ti ringrazio Gabriele, molto gentile 🙂 Un saluto!
Andrea
Mi hanno già parlato più volte di questa esperienza, devo assolutamente farlo. Deve essere “iluminante”. 🙂
Enormemente! Tra l’altro ci dicevano che a Milano dovrebbero fare anche le cene al buio, se ti interessa! Devono essere a dir poco fantastiche come esperienze. Emozionante e sì, illuminante è la parola giusta 🙂
Il Dialogo del buio l’ho fatto anni fa a Milano, ero tipo in seconda superiore o giù di lì. Mi aveva colpito tantissimo quell’esperienza. Le cose che ricordo meglio sono la difficoltà che abbiamo avuto, al bar che c’era alla fine del percorso, per distinguere una moneta dall’altra e la forza d’animo della ragazza cieca che ci guidava. Cieca dalla nascita, viveva sola da anni, era nata in Polonia e si è trasferita a Milano da sola, conosceva sei lingue ed era insegnante di piano e di canto. Si spostava da sola per Milano e si sceglieva i vestiti da sola, dopo aver segnato sopra ogni gruccia il colore dell’abito e essersi imparata gli accostamenti migliori. Mi ha fatto sbarellare questa cosa. Era davvero una ragazza forte. Nella nostra classe avevamo una compagna cieca – che tra l’altro quel giorno non c’era -, che era sempre stata seguita da mille persone e non sapeva spostarsi da sola nemmeno per la scuola…e fare il confronto è stato inevitabile.
Ma comunque. Se accetti il consiglio, leggiti “Cecità” di Saramago. 🙂
Ciao Pilar, e il tuo consiglio lo accetto eccome! Lo vado a inserire subito nella lista dei libri da leggere 🙂
Apprezzo molto il tuo commento. Sarei curioso di provare anche il percorso a Milano per cogliere eventuali differenze. Anche nella versione genovese è terminato davanti al bancone del bar ed è stato curioso notare come anche aprire una bottiglietta d’acqua poteva essere difficoltoso e preoccupante (del resto se al buio ci veniva servito qualcosa di sbagliato? o se l’acqua cadeva combinando un bel disastro?). L’unica critica è che l’ho trovato una maniera un po’ subdola di dare la mancia alla guida, poi vabbé lo si fa con piacere. L’esperienza della vostra guida, confrontata anche con la tua compagna, è ancor più interessante. Difatti era molto particolare notare anche come ognuno di noi se la cavasse in condizioni così estreme, una cosa che a me ha colpito è stato anche il fatto che qualcuno teneva aperte le palpebre nel buio e altri chiudevano proprio tutto, chi non aveva problemi a mangiare nell’oscurità e chi, come me, era timoroso solo per l’acqua eheh
Nuovamente grazie 🙂
Bello! C’è da riflettere su quanto hai scritto…penso che farò questa bellissima esperienza…grazie,
Lucia
Grazie a te per il commento e per il passaggio. Io te la consiglio vivamente. Un’esperienza unica, ma profonda in ogni senso. Aspetterò con curiosità le tue reazioni e riflessioni 🙂
Andrea
Ti dico solo una cosa.. tutte le bozze che tieni, sia materialmente che spiritualmente, essendo sicuramente belle come questa, tirale fuori dal buio, perché meritano veramente e hai talento
🙂 Grazie. Grazie di cuore. Mi fa molto piacere questo commento e mi rafforza. Gli ultimi interventi non mi stanno convincendo pienamente, devo essere onesto e dunque arrivano improvvisi, gradualmente fuori per l’appunto dal buio… Ecco ora sono imbarazzato e non so come risponderti 🙂 Grazie di nuovo!
Andrea
come ha già scritto qualcuno non solo è bellissimo, ma lo è talmente da lasciarmi senza parole. chapeaux
🙂
Eheh mi imbarazzate tutti quanti con tutti questi complimenti, sul serio 🙂 Ti ringrazio Lud, sei sempre molto dolce e gentile 🙂 Un applauso a te;)
Andrea
Pilar93 ha gia scritto tutto cio che volevo scrivere io 🙂 (e perdonatemi l’assenza di accenti). Ho fatto questa esperienza al Mart di Rovereto al liceo e mi aveva colpito moltissimo: ricordo l’ansia, il senso di claustrofobia nel non sapere cosa e chi mi circondasse (solo i miei compagni di classe, ma quali, che parte di loro – una spalla, una testa?) e poi man mano la presa di coscienza che quello che vediamo con gli occhi e’ solo uno dei mondi possibili. Anche io ricordo in particolare il bar alla fine del percorso – il cercare le monete, il bicchiere sul bancone, il rapportarsi con azioni quotidiane in modi nuovi.
E come dice Pilar, leggi Cecita’, se l’argomento ti interessa. 🙂
Eheh grazie anche a te per il commento e apprezzo anche da parte tua il consiglio di ‘Cecità’, che è già finito assieme a ‘Il condominio’ nella lista 😉 Mi fa piacere notare come tutti abbiamo alla fine provato sensazioni simili e siamo giunti a conclusioni simili. Quando sono entrato non mi ero minimamente informato in che cosa consistesse esattamente, dunque l’ansia, la claustrofobia, ma che dire il panico erano imperanti! Tra sberle, testate, palpate involontarie (che poi chi o cosa si toccava?), fino a concludersi in esperienze nuove, anche lo semplice strofinio delle mani su quelle di altri, come un gesto di conoscenza e riconoscimento nel buio. Esperienze nuove per calarsi nei panni altrui. Catartiche 🙂 Grazie ancora!
Andrea
La mia paura più grande, Andrea. Perdere la vista. Avevo uno zio non vedente a causa del diabete. Da bimbo lo guardavo con curiosità, non capendo bene la sua infermità.
L’esperienza di cui parli è da fare, per calarsi appieno nella realtà vissuta da chi non ha il dono della vista ma sopperisce con altri sensi. Un profumo, un rumore, sono ‘elementi’ spesso secondari per noi, abituati a ‘ragionare’ con la vista.
Grazie per questo articolo, che aiuta a riflettere su un tema non scontato.
Saluti 🙂
Grazie a te, non solo per il commento, ma soprattutto per aver condiviso questa tue esperienza. La tua paura è condivisa, almeno da me. Abituati così tanto a ragionare e vivere con gli occhi, appare assolutamente devastante affrontare i giorni a venire con la cecità. Il bello del dialogo nel buio è anche questo, permettere a chiunque di vestire i panni non propri e trovarsi catapultati in quest’altra realtà. E fare una scoperta di noi stessi e del nostro corpo. Grazie di nuovo Danilo, sempre un piacere! 🙂
Verissimo. Nel buio, in un certo senso, cadono le maschere ‘imposte’ dalla società. Non più ricchi, poveri, belli, brutti, sciatti, alla moda. Semplicemente esseri umani che si relazionano in base ai propri sensi. Si relazionano con gli altri ma soprattutto con se stessi. Perche molto spesso noi non ‘ci ascoltiamo’, troppo presi dal mondo che ci circonda.
Triste è pensare a chi vive ogni giorno tale situazione non come ‘esperienza’ ma come condizione permanente.
Mi colpisce sempre questa frase, spesso noi non ci ascoltiamo. Tremendamente vero. Purtroppo molti la vivono come condizione permanente, anche per la difficoltà di trovare i mezzi per scavare dentro se stessi, o per la paura di scavare a sua volta, vittime a volte di un mondo estraniante. Eppure ogni tanto bisogna accenderla questa luce nel buio 🙂
Davvero bello il tuo post che fa luce (guarda un po’ che termine uso) sui doni che abbiamo, che spesso diamo per scontati. Invece tu ne risalti la magnificenza. Credo che gli occhi, che servono per vedere fuori, debbano soprattutto convolare le emozioni delle immagini all’interno di noi stessi, per vedere nell’abisso sconosciuto dentro di noi perché occorre saper guardare, non solo saper vedere, che ritengo un difetto di questa ultima nostra “modernità”. Se poi si allenano le altre capacità sensoriali di cui siamo dotati, sia quelle conosciute (gli altri quattro sensi) che quelle potenziali (ma questo è un lavoro su di noi un po’ più complicato), allora credo possiamo diventare migliori e godere di questa vita appieno, in tutta la sua superba beltà. Vorrò provare anche io la bella esperienza di Genova. Un saluto.
Ciao ed enorme piacere leggere questo commento. Se da una parte ti ringrazio per i complimenti, ti ringrazio ancor più per aver ampliato e completato il mio post. Non cambierei una virgola. Molti oggi, nella società dell’immagine e dell’apparire, si convincono di saper vedere, ma in realtà non colgono granché di ciò che ci circonda. Lo sguardo deve partire da dentro per poi espandersi sull’esterno e sulla natura circostante, coadiuvato dai nostri altri sensi, dal cuore e dal cervello. Poi l’oscurità potrà sempre esserci, ma saremo anche più bravi a spazzarla via e ad allontanarla 🙂
Caro Andrea, ti confesso che il buio mi fa paura, ma al buio sento la mia anima più vicina a me . Affidarsi a qualcuno completamente non è semplice e, sinceramente in quel contesto non so. Ma sono certa che la maggior parte della gente che possiede il dono della vista, ha la cecità nel cuore e l’anima
Grazie, con i tuoi scritti stimoli e affascini il lettore
Ti abbraccio
Mistral
Anime sensibili condividono molte paure, ma anche cose belle. Affidarsi è sempre cosa difficile, soprattutto in situazioni estreme come quella del ‘Dialogo nel buio’. Proprio per questo quel semplice gesto di porgere la mano mi ha estremamente colpito e affascinato. La cecità nel cuore e nell’anima, sono l’altra mia grande paura. Purtroppo, pare oggi cosa molta diffusa nelle persone, ma bisogna tenere allenato questi altri occhi interni 🙂 Grazie a te Mistral per le sempre belle parole che mi lasci.
Ricambio l’abbraccio e ti auguro uno splendido weekend 🙂
Andrea
è bellissima la disgressione ultima!!!! mi ha fatto ricordare la frase finale della seconda serie dei digimon. Nella quale un T.K. ormai adulto e con prole spiegava appunto che se ci si trova nel buio, anche se nel proprio cuore si ha solo un piccolo puntino di luce si può andare avanti e sperare e sperare, fino a risplendere nell’oscurità.
E’ un bellissimo intervento che leggerò di tanto in tanto per erudirmi 😀
🙂 grazie e ben ritornato 🙂 Sono contento che questo intervento con i suoi pensieri ti sia piaciuto, anche se mi sa che me lo devo rileggere anche io di tanto in tanto per non dimenticare alcune cose (eheh). Grazie per il racconto di T.K., non me lo ricordavo proprio, ma è bella come immagine, poetica e speciale 🙂 La strada, il buio, ma quel fuoco che non smette mai di ardere e che da una semplice fiamma si trasforma in un incendio di gioia 🙂
“Ora che ho perso la vista ci vedo di più”
Mi fai venire in mente questa canzone dei Dream Theater:
“Find all you need in your mind if you take the time”
Proprio vero…
Grazie per questa canzone! Non la conoscevo! Molto bella, anche se non del mio genere! Ma le citazioni da te fatte sono altrettanto fantastiche! Tutto sta in noi, dobbiamo solo cambiare prospettiva 🙂 Un saluto! 🙂
Mi sono appena iscritta e già mi sono persa, nel senso buono, nei tuoi post. Complimenti. Ti seguirò assiduamente.
Onorato Sonia e mi fa molto piacere di conoscerti! E anche grazie per i complimenti! Nel buio ci si perde e ci si riesce a ritrovare 🙂 Ricambio l’iscrizione a priori, sapendo già che mi troverò bene! A presto 🙂
Sei andato sulla fiducia! Hai fatto bene! A presto!