Mi sono girato nel letto tutta la notte, senza chiudere occhio, perché oggi sarà il gran giorno. Ho messo la maglia con la scritta C’ero anche io a quel Ciao Italia! dell’87, che ancora neanche ero nato. L’attesa mi sta uccidendo.
Biglietti, panini, acqua, cellulare, ok c’è tutto. Possiamo andare. Direzione Milano. Tutto scorre in fretta, eccetto il traffico in città. Ci siamo quasi, meno di un chilometro alla meta. Lo intuisco dalla gente, dai vestiti, da ciò che canticchiano. E questa musica? Sì, è sul palco! Sta provando I’m a sinner.
L’eccitazione cresce più ci avviciniamo allo stadio. Quanta gente. Sono attese oltre 50mila persone. Qui la coda per mostrare il biglietto. Lì l’ingresso del nostro settore, secondo anello rosso. Correte! Bei posti, un po’ decentrati e alti, ma che vista pazzesca.
Guardo l’orologio con maniacale impazienza. Scatta il dj set delle 20 e ancora entra della gente. Devo fare la pipì! L’orario di inizio è per le 9, ma c’è ancora troppa luce. Servono le tenebre per questo spettacolo. È inutile che la gente fischi. Lei è una perfezionista e una star. Ecco, l’hanno capito.
Dai manca più poco. Lo staff sta pulendo il palco e montando il turibolo gigante. E queste urla dagli anelli più bassi? I ballerini! Si stanno riscaldando! E poi eccola là… Proprio di fronte a me, in linea retta, esce dagli spogliatoi circondata da altri. È lei…
Il mio cuore si ferma. È reale e non è un sogno. Eppure tutto si spegne.
Di fronte a questa introduzione e con la consapevolezza che lì a meno di 100 metri c’è il mio idolo può non uscirmi una lacrima? Con tutta l’emozione che ho in corpo, stritolo la mano a mia sorella. Forse non le sarò mai più vicino di così, ma lei è lì con me. Madonna è di fronte a me. Mi guarda ed eppure prosegue nel suo show. Per due ore ti porge la mano e ti invita a salire sul palco con lei, per ballare e cantare – e ci riesce persino con me che ho la stessa intonazione di uno gnù e l’eleganza di un elefante -, ricordandoti tuttavia che lei è la star.
Accadeva esattamente un anno fa, ma lo ricordo come se fosse ieri. L’MDNA Tour è stato il mio primo concerto, la mia prima volta a San Siro e il mio primo incontro con Lei. Un battesimo migliore non poteva esserci. Mi sono sentito peggio di un bambino all’interno di un lunapark. Miriadi di cose da vedere, tutte nuove e ugualmente attraenti. MDNA è una sorta di codice fiscale di Madonna, ma rimanda anche alla droga MDMA e mi sentivo come sotto il suo effetto.
Ricordo di aver guardato su Youtube video dei suoi vecchi concerti fatti a Milano e in uno c’era una ragazza vestita da sposa alla Like a virgin dimenarsi sui sedili. La stessa ragazza era al mio tour, poche file sopra di me. Il pubblico era totalmente eterogeneo. Tanti omosessuali – lesbiche, gay e trans sì -, ma anche tantissimi etero. Coppie, single, gruppi di amici. Famiglie con figli di sì e no 10 anni per passare a donne incinte e a gente sui 70/80 anni. Qui si dimostra il potere di un artista, quando riesce a parlare a un pubblico così vasto ed eppure così variegato. Durante il concerto ho spiato un po’ parte di quel pubblico, chi attentissimo a non perdersi i movimenti sul palco e chi non faceva altro che ballare e cantare con i vicini sconosciuti o gli amici. Goliardico e kitsch, è vero, ma una festa.
Un concerto di Madonna è un’esperienza da fare e anche una sfida per lo spettatore. Lei non è la migliore cantante di questo mondo e lo sa benissimo. I suoi non sono semplici esibizioni live, ma veri show con una trama segmentata in atti introdotti da interludi. Madonna sale sul palco circondata da più corpi di ballo, coristi e un gruppo spalla. Alle sue spalle tre maxischermo proiettano immagini o storie. Il palco è modulabile: botole, piloni, persino la punta si alza e si inclina. Se vuoi vedere tutto non sai dove guardare. Ma è inutile: quella donna ha un carisma mostruoso e il tuo occhio tenderà a lei. Ci sono interi numeri in cui lei compare circondata da certi ballerini. Poi la segui nel suo assolo e quando si rigetta nel gruppo ti accorgi che ora quei ballerini sono altri e ti chiedi ma dove e quando sono usciti i primi e dove e quando sono entrati i secondi.
Lei crea uno spettacolo ricco di chicche. Se non erro ci sono circa sei costumi. Il primo è una versione in nero del suo abito da sposa con Guy Ritchie. Questo tour è stato definito da lei stessa un viaggio dalle tenebre alla luce. La prima parte è violenta e satanica. Dei sacerdoti (i Kazaki in tacco a spillo) invocano la Madonna per espiare le colpe, ma chi giunge è più una versione diabolica che non si fa scrupolo a trasformarsi in arma prima (Revolver) e killer dopo (Gang Bang), per essere imprigionata (Hung up) e liberarsi per urlare al mondo la sua emancipazione (I don’t give a). Dietro Nicky Minaj ribadisce There’s only one queen and that’s Madonna, bitch!
Nel secondo atto, lei cheerleader affonda il colpo sull’emancipazione femminile e sul suo ruolo. Propone Express Yourself, ma a un tratto inserisce anziché il suo ritornello quello di Born this way della rivale mediatica Lady Gaga. Calca così lo scandalo che ha colpito quest’ultima accusata di aver plagiato la canzone di Madonna. Donna d’affari di estrema intelligenza, si esprime con il semplice uso delle parole delle due canzoni in una strofa ibrida:
Express yourself / I’m beautiful in my way ‘cause I was born this way / I’m on the right track baby / Express yourself / She’s not me
Come a sottendere: Cara Gaga impara a esprimerti da sola con le tue parole. E quel She’s not me, altra canzone di Madonna, sembra ricordare Lei non è me e mai lo sarà.
Procedendo spediti al terzo atto, è il turno dell’androginia e del ribaltamento dei sessi. In un corpetto versione 2.0 del mitico reggiseno a punta, Madonna intona Vogue, canzone diventata una bandiera del movimento LGTB, vestendo gli uomini della crew in abiti femminili e le donne in quelli maschili. Resta sola con il suo amante e intona una straziante versione al piano con accompagnatore di Like a virgin. Infine nel quarto atto, propone la rinascinata. La festa dei colori, dell’amore e della ricerca spirituale di Like a prayer e I’m a sinner per realizzare una finale Celebration prima di congedarsi.
Madonna stupisce per la scelta di canzoni. Scardina le tue aspettative ripescando tracce note solo a chi ha acquistato i precedenti album (Candy Shop), bonus track uscite solo sul mercato giapponese (Cyberraga) e stravolgendo i classici (Hung up e Like a virgin). Evita il successo facile. Irrompe nel sociale con l’interludio di Nobody knows me in cui appoggia la causa omosessuale, rifiutando il potere totalitario e di regime. Proietta i volti di adolescenti morti suicida per bullismo e omofobia nei paesi anglofoni. Contrariamente a tanti altri paesi, qui in Italia siamo in pochi ad applaudire. Il pubblico in maggioranza ignora chi siano quei volti grazie a nostri media e alla Chiesa. Per chi è interessato vi consiglio caldamente il videoclip in questo post.
Naturalmente non è tutto ora ciò che luccica. Pur fan, riconosco alcune pecche dello spettacolo. Se alcune canzoni sono in playback, in altre è facile capire che sono live dalle stecche lanciate. Madonna inizia a sentire il peso degli anni e si muove molto meno sul palco rispetto a prima (anche se vorrei arrivare io a 54 anni con quell’agilità!). C’è qua e là un riciclo di idee (l’intro di Turn up the radio è nel concept identica a She’s not me e Music inferno dei due precedenti tour). Non ha molta memoria e in alcune tappe dimentica addirittura le sue stesse canzoni (Papa don’t preach)…
Però diamine che emozione quel giorno. E la voglia di annullare quella distanza che ci ha separato e la speranza, o meglio il sogno colossale, di poter lavorare fianco a fianco con questa donna. Artista e imprenditrice. Ma soprattutto immensa fonte di ispirazione.
@aMe
Andrea Magliano