Per i più non c’era nulla di strano nel giorno che stava facendo capolino. Era un pur semplice giorno, come lo era stato il precedente e quello ancora prima. Proseguivano veloci a testa bassa, attendendo quel domani che ancora non arrivava.
Non per tutti però era un giorno qualsiasi. Non per lui. Sentiva una strana vibrazione nell’aria. Una dolce promessa che lo accarezzava da sotto il tepore del lenzuolo. Quell’oggi l’avrebbe fatto.
L’aveva osservata a lungo, di nascosto e di sfuggita, da dietro le rocce e le fronde degli alberi. Aveva visto il suo sorriso e la purezza dei suoi lineamenti, incantato dalla dolce magia che sprigionava. Era speciale. Non sapeva il motivo, ma lo sapeva e basta. E sapeva che doveva sorriderle e conoscerla. Perché lei lo stava attendendo.
Così sì era alzato in fretta e furia. Si era fiondato dritto verso il guardaroba. Si sentiva ribollire per l’imbarazzo e, anche se non lo voleva ammettere, era agitato. Cosa metto? continuava a ripetersi, frugando tra i suoi completi migliori. Vada per questo! E corse fuori sistemandosi senza sosta il vestito raggiante.
Fortuna che prima di incontrarla sempre lì nello stesso posto, come sempre era stato, attraversava una vasta pozzanghera. Oceano, lo chiamavano là sotto. Ma per lui era solo uno specchio per capire se poteva fare bella figura.
Qualche ora di viaggio e qualche chilometro. Ora pochi minuti e pochi metri. Ed ecco il posto. Come fare a dimenticarselo?
Stava per affacciarsi da dietro il suo riparo quando trovò una famiglia di nuvole dispettose. Avevano deciso di fermarsi per una breve vacanza proprio lì. E come erano antipatiche quelle nuvole, chiassose persino. Tuonavano le loro voci, spaventando i più piccoli ormai in lacrime. Lui sgomitava contro quel muro grigio. Cercava di saltare più in alto o di soffiare più forte che poteva. Ci provava e riprovava. Attese con pazienza che quelle nuvole levassero le tende, ma alla fine con tanta amarezza dovette rinunciare. E con una ferita nel cuore era tornato a casa.
Tribolava sotto le coperte per il mancato desiderio. Poi d’un tratto una scintilla: ci avrebbe riprovato! Sarebbe sorto prima così da battere tutti sul tempo. E così fece, ma pur sempre un lungo cammino doveva affrontare. Doveva correre. Ma quanto era ingrassato e quanto poco era allenato? Correva con sempre più fiato, sempre più accaldato e rosso in volto. Necessitava di una bella rinfrescata. Ma quando?
Poco importava perché, superato il solito riparo, stormi infiniti di uccelli svolazzavano di qua e di là. E di nuovo la sua vista restava bloccata. Ma cosa succede in questi giorni? E la sua collera saliva. Andate via! urlava sempre più violento. Alla fine con un po’ di diplomazia aveva convinto gli ospiti ingrati a volar via. Ma con che fatica! E soprattutto quanta rabbia lo stava riscaldando. Al punto che il suo albero preferito incominciò a… prendere fuoco. E quello che all’apparenza era un giorno perfetto, si tramutò nella sua gaffe più grande.
Vergognoso e imbarazzato, tornava a casa per l’ennesima volta con una ferita nel petto. La testa china nascondeva una lacrima. Prima di addormentarsi, cercò di ricordare il primo magico incontro. E poi il secondo e così i successivi. Non poteva mollare. Gli incidenti capitano. Avrebbe riprovato, stavolta con il sorriso. E si addormentò placido.
Era in viaggio sempre più sorridente. Sentiva che questa sarebbe stata la volta buona. Ma qualcosa non quadrava. Il suo lontano cugino, parente astrale in chissà che modo, quello che vedeva una volta ogni tanto, era lì. Gli stava terribilmente antipatico. Piccoletto eppure così presuntuoso. Lo riteneva fin freddo e un soggetto cupo. Il suo esatto opposto. O no! Si è accorto di me! accorgendosi che non aveva più vie di fuga. Ciao… Luna, quanto tempo che non ci si vede! Avviò così una, per lui, lunga e tediosa conversazione. Quella luna che stava eclissando il suo sogno, ancora una volta ritardato.
Non aveva ascoltato granché di quelle frasi, troppo intento a volgere lo sguardo oltre le spalle dell’interlocutore. La cercava, ma non la trovava. E quando la Luna era fuggita si era portata con sé il suo sogno.
Era triste e a poco a poco si spense lungo la via di casa. Si era infilato sotto le coperte totalmente sfinito.
Il domani era arrivato. Ma non c’era più un valido motivo per sorridere. Si sentiva un fallito e per una volta non voleva percorrere quella strada che lo aveva accompagnato così a lungo. Ma dal suo taschino una cosa, una chiave, mancava. Troppo preziosa per non curarsene. Oddio, dove è finita? Forse è caduta lungo la via.
E a malincuore si era ritrovato a percorrere quello stesso percorso, aguzzando la vista, cercando di scorgere il suo tesoro mancato. Il Sole non si era accorto di aver coperto ormai quasi tutta la distanza che lo separava dal suo solito riparo. Aveva scostato dei vecchi tronchi bruciacchiati quando una voce dolce e serena lo sorprese.
È da un po’ di giorni che vengo qui e ti spio in segreto da qua sotto. Non so il motivo, ma c’è qualcosa in te che mi riscalda e mi fa stare bene. Ti ho cercato e non ti ho più trovato. E mi sono preoccupata. E sono stata triste perché pensavo fossi scappato. Poi ieri, prima di andare via, sotto la Luna ho trovato questa chiave, proprio qui, per terra. Credo appartenga a te. E ti ho aspettato per ridartela. Ciao Sole.
E il Sole sorrise.
©®aMe
Andrea Magliano
Non ho quasi mai pubblicato dei racconti, qui sul blog, giusto un paio quando ancora non avevo lettori. Avevo però voglia di farlo. E spero vi sia piaciuto, strappandovi un piccolo sorriso.
E ringrazio di cuore – e purtroppo con estremo ritardo – la blogger Pilar93 per avermi insignito anche lei del Versatile Blogger Award. Mi sento nuovamente onorato per questi premi che condivido con tutti voi e vi rimando con passione sul suo blog. Io per primo lo conosco da poche settimane, ma ogni giorno che passa mi piace sempre di più e ve lo consiglio caldamente.
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