Archivio | ottobre, 2013

Halloween

31 Ott

La notte delle streghe
miete un’altra vittima
in città di tristi vie,
cimiteri di saracinesche abbassate.

Fantasmi ululanti storie
di un passato ormai lontano
infestano le improvvise tombe
di chi oppresso non ce l’ha più fatta.

Mentre i vampiri e i lupi banchettano
coi corpi di inermi zombie
in moto perpetuo
alla ricerca del proprio posto.

Come una peste
non lascia scampo,
diffonde il cancro
in ribollente sangue.

Restano carovane di fughe,
in strade di impiccati,
fiaccole accese
a illuminare la notte più buia.

Che la luna sembra scomparsa
nella notte più lunga dell’anno,
amante di spavento e terrore.
Perché questo è Halloween.

Un infinito Halloween.

©®aMe
Andrea Magliano

Buon Halloween a tutti. E non potevo non festeggiarlo alla mia maniera. Con un po’ (?) di esagerazione perché la notte delle streghe richiede il suo dramma e il suo compenso di sangue. Con molta malinconia di fronte all’immobilità di questo tempo, dinanzi a una delle più grandi recessioni della storia, davanti all’orrore di chi non riesce più a far quadrare i conti, delle imprese che falliscono e di una sempre più grande fetta della popolazione sulla soglia della povertà.

Countdown: -11.

Fama

25 Ott

Calano le luci e scende il silenzio.
Si apre il sipario.
Ché la Dea rivendica il suo compenso.
Schiude le sue ali nere,
assaporando il mero frutto
e il rosso liquido
dell’anima esanime.

©®aMe
Andrea Magliano

Poco più di 10 anni fa (il 12 settembre 2003) il mondo si preparava a salutare Johnny Cash, mito della musica country folk americana. Non conoscendo nulla della sua vita privata e artistica, non ne farò un ritratto commemorativo e probabilmente sbagliato, ma mi affiderò al suo ultimo videoclip, la bellissima e struggente Hurt.

Si tratta di una cover dell’omonima canzone interpretata da Trent Reznor, leader dei Nine Inch Nails, nel 1994. Cash ne registra una cover molto personale nel 2002 per distribuirla nel marzo dell’anno successivo. Apporta un unico cambiamento al testo: indossa una corona di spine, anziché di merda come affermava l’autore originale.

La versione di Cash pare una struggente preghiera. Non si può non accorgersi della notevole vicinanza tra la data di pubblicazione della canzone e quella della morte dell’interprete. Come se Cash sapesse di avvicinarsi alla sua fine e stesse narrando le sue memorie, dettando il suo ultimo testamento.

È una sorta di visione profetica, la stessa che avrà il regista Robert Altman pochi mesi prima di morire con il suo magnifico Radio America (2006). Altman racconta l’ipotetico ultimo spettacolo del più longevo e ascoltato live show radiofonico del mondo anglofono, A Prairie Home Companion, seguendo un cast eccezionale sul palco e nel dietro le quinte. Tra di loro, una misteriosa donna in impermeabile bianco aggirarsi furtiva, vista e non vista, quasi surreale.

Cash si mostra in tutta la sua fragilità accompagnato dal piano e dalla chitarra. Perennemente seduto, immerso in un quadro di natura morta, appare in contrasto con il suo ricordo in piedi e/o in movimento, come a suggerirci la fine del suo percorso.

Dopo quasi due minuti dall’inizio, rivolge finalmente, seppur a intermittenza, il suo sguardo al pubblico accompagnandolo da queste parole:

I wear this crown of thorns / Upon my liar’s chair / Full of broken thoughts / I cannot repair
Beneath the stains of time / The feelings disappear  / You are someone else / I am still right here.

Il re dalla corona di spine non solo è immerso nella natura morta. Vive il suo essere mito nel contrasto di un’opulenza che sa farsi vuota. La casa è sfarzosa. Davanti a lui c’è una tavola imbandita con aragoste e caviale. Alle pareti il ricordo di parenti lontani mentre sulle scale la moglie che intuisce e vive empaticamente il dolore del marito. Ma i vecchi amici sono lontani e i vecchi saloon presenze vuote e spente. La vecchia casa è trasformata in un museo, ma chiusa al pubblico. Le pareti un tempo ricche di premi oggi sono vuote e spoglie.

E allora l’uomo, non più mito o re, mantiene lo sguardo fisso su di te nel più forte gesto. Mostra la rabbia, la frustrazione, la stanchezza, la tristezza, l’ineluttabilità, in due occhi difficili da sostenere. Affetto dal Parkinson, getta il vino su quella tavola imbandita ripudia quel mondo illusorio, il suo impero di sporcizia, intonando:

What have I become? / My sweetest friend / Everyone I know goes away / In the end
And you could have it all / My empire of dirt /
I will let you down / I will make you hurt

Invocando in preghiera la possibilità di una seconda possibilità, Johnny sfuma a nero il suo ricordo, chiude il sipario con quel pianoforte.

I would keep myself / I would find a way

©®aMe
Andrea Magliano

Un sentito e speciale ringraziamento a tutti che, in occasione della pubblicazione di Essenziale lo scorso 17 ottobre, hanno permesso a questo sito di raggiungere le 10.000 visite, facendomi un regalo di compleanno in anticipo. Grazie!
Countdown: -17.

Essenziale

17 Ott

Avrei desiderato sorprendere un giorno con un intervento così corto, e così criptico, da portare a chiedere Cosa ho letto?

L’altro giorno guardavo gli archivi sul computer e ho (ri)scoperto vecchie foto fatte nella prima metà dello scorso anno. Erano tra i miei primissimi scatti. Nessuna pretesa né conoscenza di regole. Solo e soltanto io con la mia macchina, oggetto sconosciuto ora, come non mai allora. Vietata la post-produzione, ieri come oggi, per mia scelta.

Un rapporto di amore-odio verso la fotografia il mio, come tutte le cose che realmente amo e che dunque realmente odio.

Guardo quelle tre immagini e rivedo uno dei temi portanti del blog. Ed è giusto tirare un po’ le somme di tanto in tanto. Perché se ci avete fatto caso tre dei tag che più utilizzo sono iobianconero. Sul modello Ying/Yang, due entità duali, coesistenti l’uno nell’altro. Penetranti. Bello e brutto, buono e cattivo, gioia e rabbia… Io, come te, come chiunque. Perché tutto è una sfumatura e non esiste un confine netto e chiaro nelle cose e nelle persone. Ma l’uno non può vivere senza l’altro. Nel micro in noi, come uno specchio (tema assai ricorrente). Nel macro nell’altro, la nostra nemesi o il nostro partner. E ci si accorge di aver superato il limite nelle cose solo a posteriori.

Porto Genova

Il bianco

Per il bianco ho scelto questa foto scattata là, dietro l’Acquario. Vedo nel mare e nel sole che si espande sopra e sotto una nota positiva. In quella chiatta che si protende verso l’orizzonte il dinamismo ottimista verso il futuro. E poi la Lanterna sul fondo, il faro che indica la strada e che illuminerà anche la notte più tempestosa. Ed è vero che lo sfondo è in ombra, ma mi levo sopra in cielo e vedo limpido.

Lanterna_Mod.jpg

Il nero

E questo il nero, la stessa lanterna. Totalmente oscurata e ripresa dal basso, appare più un nemico invincibile che l’amico di cui parlavo. Allora dove voglio arrivare? Che forse c’è un pessimismo di fondo? Non credo, perché il Sole è pur sempre là dietro, oltre quelle nuvole, la fiamma che non smette mai di ardere e di illuminare. Basta solo focalizzare lo sguardo sul giusto punto d’attenzione. Ma quello dipende da noi.

Cuore_Mod.jpg

Io

E poi ci sono io. Quel cuore rosso da cui tutto parte. Che resta in piedi nonostante qualche crepa e la natura morta dell’inverno. Che cerca di dare colore. Che pulsa e continua a battere nonostante la gelida neve.

©®aMe
Andrea Magliano

Fra pochi giorni sarà il mio compleanno.
Countdown: -25.

Corrispondenza

11 Ott

Mary Daisy Dinkle ha 8 anni, 3 mesi e 9 giorni e una strana voglia color pupù sulla fronte. Vive in una famiglia un po’ sgangherata nella periferia australiana. Sua madre ama fumare, bere sherry e prendere oggetti in prestito al supermercato nascondendoli sotto la vestaglia per risparmiare sui sacchetti. Il padre attacca per lavoro i fili alle bustine del tè Earl Grey e nel tempo libero impaglia gli uccelli morti che trova ai bordi della strada. Mary ha due sogni: sposare un uomo scozzese di nome Earl Gray e avere un amico. Mary ha un unico amico, un gallo di nome Ethel, caduto da un camion destinato al macello.

Max Horowitz è un ebreo ateo, 44 anni, di New York. Frequenta i Mangioni Anonimi per perdere peso e disintossicarsi dal cioccolato. E uno psichiatra che lo informa che la sua mente non è molto sana. Davanti a eventi nuovi o a domande particolari soffre di attacchi di panico. Non è capace di piangere né sorridere o riconoscere le espressioni sul volto. Max ha tre obiettivi nella vita: una fornitura infinita di cioccolato, possedere tutti i pupazzi dei Noblets e avere un amico. Max ha un unico amico, un certo signor Ravioli, che siede su uno sgabello vicino al letto e legge. Ah, è un amico immaginario.

Durante una noiosa visita all’ufficio postale nell’estate del ’76, Mary scova un elenco del telefono di New York e decide di prendere un indirizzo a caso, quello di Max. Gli scrive una lettera, sperando di ottenere una risposta al più presto. Inizia così una grande amicizia per corrispondenza che durerà più di vent’anni.

Mary & Max è un film australiano del 2009, diretto e disegnato da Adam Elliot, interamente girato in clay animation. Ogni elemento della storia è cioè realizzato in plastilina e a ogni cambiamento della scena o del personaggio si scatta una foto che è poi montata insieme alle altre. Qui il sito ufficiale, http://www.maryandmax.com.

Si tratta di un piccolo capolavoro inedito per il mercato italiano, pur vantando nel cast voci nomi del calibro di Philip Seymour Hoffman (Max) e Toni Collette (la Mary adulta). I motivi di tale scelta di distribuzione sono facilmente intuibili. Il target è un pubblico adulto che spesso snobba questi prodotti. Il film oscilla tra il comico e il drammatico, virando su atmosfere cupe e grottesche e introducendo temi delicati come la morte, la malattia e il suicidio.

Mary & Max PosterPur presentato come una fiaba con narratore onnipresente, ma non onnisciente, lega due protagonisti antieroi entrambi a loro modo asociali e disadattati, che trovano nella rispettiva imperfezione la loro perfezione. E nella loro distanza e contrapposizione, geografica, fisica e mentale, la loro salvezza. Il colore aiuta in questo contrasto: il mondo di Mary tende all’ocra e al seppia, la New York di Max al bianco e nero.

Ma non c’è distanza che lega i sentimenti e le emozioni. La solitudine, così come l’amicizia e l’amore sono temi universali insiti nella nostra natura. Per quante siano le differenze o i chilometri a separare due persone, se le loro anime devono entrare in contatto, lo faranno, anche se ciò vuol dire essere capaci di accettare una tale invasione, come affrontare domande a cui non si hanno risposte, attacchi di panico o l’attesa di una lettera che non giunge.

Invasione perché prima di poter ammettere un sentimento verso il prossimo, bisogna ammetterlo verso se stessi, accettare ciò che siamo, per accettare l’altro. E così permettere a un’altra persona di fare un passo nella nostra vita. Perché la vera crescita avviene insieme. Questa invasione la si nota con i regali di Mary che rappresentano l’unica nota di colore nella vita di Max.

Uno dei momenti più belli e toccanti del film è quando Max confida alla sua amica di penna di non aver mai pianto. Lei, ancora bambina, prende una boccetta e la riempe con le sue lacrime offrendogliele in dono.

Come in ogni relazione, ogni tanto questi meccanismi si inceppano. I tempi tra le due risposte si dilatano e le reazioni non sono quelle che ci si aspetta. Ma ogni rapporto è un giro sulle montagne russe di emozioni contrapposte e gli ostacoli che si incontrano devono essere letti come nuove opportunità. Perché il ricordo va sempre lì, a quell’altro da noi che ci fa restare vivi e stare bene e la sua assenza ci conduce inevitabilmente all’apatia e alla morte.

Il finale è estremamente toccante. SPOILER.
Dopo circa vent’anni di lettere, Mary arriva all’appartamento di Max per incontrarlo per la prima volta. Bussa, ma nessuno risponde. La porta è aperta e decide di entrare. Trova Max morto sul divano, ma con un sorriso e la testa rivolta verso il soffitto. Il soffitto tappezzato di tutte le lettere che Mary gli aveva inviato nel corso degli anni. La sua migliore amica. La sua unica amica.
FINE SPOILER.

mary-and-max-together

La vera amicizia si vede con il cuore,
non attraverso gli occhi.

©®aMe
Andrea Magliano

Ringraziamenti di rito questa volta a due blogger molto diversi tra loro, ma entrambi interessanti e meritevoli, Luca con il suo blog La pozzanghera e MissAndry con Disgrace Kelly. Il primo mi ha insignito del Versatile Blogger Award e la seconda del Liebster Award. E che posso dire se non grazie? Certo, correte a vedere i loro blog! E non è un suggerimento il mio, ma un caldo invito!

Intanto, piccola nota di servizio, avvio un piccolo countdown: -31.

Briciola

5 Ott

Ciao Briciola,
esattamente un anno fa te ne sei andato,
portando nel tuo viaggio un pezzo di me,
come tuo compagno.

Non ci sei più con il corpo,
ormai distante e tornato alla madre terra.
Ma non c’è giorno in cui non torni a farmi visita,
nei miei pensieri e nei miei ricordi,
con il tuo spirito. E con te.

Mi volto cercandoti ancora steso sul mio letto,
mi siedo sperando che mi salti in braccio per appisolarti,
apro i libri convinto che ti posizionerai sopra in attesa di una carezza
ricambiata dalle tue fusa colme di affetto.
L’uno ombra dell’altro.

Siamo cresciuti insieme. 17 anni e mezzo.

Il mio primo vero amico,
quello che mi tirava le testate quando qualcosa non andava
per ricordarmi che tu eri lì con me e che solo non ero.

Ed io il tuo vero amico,
quello che ti instradava per la casa
quando ormai la vecchiaia ti aveva costretto alla cecità.

Noi che non potevano separarci,
perché nonostante la mia allergia,
sempre in braccio ti avevo.

E quando tu piccolo vecchietto deperito,
ti accovacciavi come un neonato
nel mio abbraccio.

Sei stato tenace e hai cercato di resistere,
fin tanto che le forze non ti hanno abbandonato
e mi hai detto
‘È giunto il mio momento’.

Vorrei farti vedere tutto ciò che è successo in questo anno,
condividere con te il mio viaggio e i miei successi.
I fallimenti e le mie tristezze.
La mia crescita e i miei angoli smussati.

E nonostante le lacrime che ora mi bagnano il volto,
sei sempre con me,
proprio qui,
nel mio petto
e sempre ci sarai.

Eppure,
come non mai,
vorrei rivederti.
Per un altro abbraccio.

Buon viaggio, Briciola.

©®aMe
Andrea Magliano

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Questa dedica è una piccola incursione nella mia vita privata, oggi nell’anniversario della morte del mio gatto. In questa settimana iniziata bene e terminata con losche e nere nuvole all’orizzonte che sopra la mia testa hanno deciso di fermarsi per una sosta.

Intanto dietro quelle nuvole arriva uno spiraglio di sole, un caldo raggio a rischiarare e a riscaldare la giornata. Due ringraziamenti questa volta ad altrettanti blogger. Una certa E. e un certo Emanuele, che entrambi mi hanno nominato per il Versatile Blogger Award. Non proseguo le catene, ma sappiate che la nomina è condivisa con tutti voi. E intanto vi rimando con un grande sorriso a loro due, sensibili e talentuosi scrittori.