Archivio | dicembre, 2012

La valigia dei sogni – Auguri di fine anno

31 Dic

Vi svelo un piccolo segreto che tanto segreto non è. In realtà io odio Capodanno. Nello stesso modo, odio il giorno del mio compleanno. Ho troppa paura che nessuno si ricordi e che nessuno mi scriva. Lo so è una stupidaggine. Non è il problema del ricevere regali in sé. Certo se arrivano non li rifiuto, anzi. Non sono ipocrita per dire il contrario. Però amo il ricevere un semplice auguri, vuol dire che qualcuno ha pensato a me, ha fatto lo sforzo di ricordarsi del mio compleanno. E quest’anno, al contrario degli altri, il mio compleanno è stato speciale. Pochi festeggiamenti, ma con chi era speciale. Ho ricevuto anche gli auguri da alcune persone che francamente sono entrate nella mia vita un po’ per caso e che, nonostante alti e bassi e non riuscendo a capire quanto queste contano per me, so che contano a sufficienza e forse anche di più di così.

Al di là di queste mie futili seghe mentali – come avrete intuito la mia paura più grande è il restare soli -, ho sempre odiato il Capodanno e il mio compleanno perché entrambi i giorni indicano pur sempre la fine di un anno, solare e di vita. E volenti o nolenti ti costringono un secondo a fermarti e a ripensare a quello che è stato e a chiederti ciò che sarà. E tutte le volte mi dicevo che anche in quell’anno non avevo fatto nulla di davvero importante, perché il cambiamento che tanto desideravo non era arrivato.

A settembre sono entrato in una profonda crisi. Crisi che perdura, seppure in maniera molto più lieve tra momenti di gioia sfrenata ad attimi di totale apatia, ancora adesso. Almeno non è stata un’esperienza da buttare, anzi mi ha bene o male modellato in ciò che sono adesso e in quello che sarò. Fin quasi a farmi diventare uno yes man!

Ma ricordo ancora come ero ad ottobre. Sorridevo per non sentirmi dire che ero un depresso. Mangiavo il minimo indispensabile, dormivo poche ore a notte. Mi ricordo che in una settimana sono riuscito a perdere 5 chili, non so neanche come fosse possibile. Guardate un po’ la foto a fianco scattata a giugno, inutile dirvi che c’erano momenti in cui sbattevo per terra. Non vedevo francamente vie d’uscita. Ero solo. Vedevo me stesso e tutti i miei sogni. Erano feriti perché la realtà, la crisi economica, le amicizie, il lavoro che non giungeva e altro li avevano resi agonizzanti. Ricordo che niente mi interessava più, neanche le mie passioni.

Eppure la speranza non moriva. Nonostante fossi abbattuto e io tentassi di sopprimere la parte ancora vigile, dentro di me c’era sempre una microscopica luce che non smetteva di brillare. Che continuava – e lo fa tutt’ora – a mostrarmi ciò che sarei stato, perché credo nel potere dei sogni e so che si avvereranno. Davanti a quella fantastica visione c’era però del nero da dissolvere e non ero in grado di capire come farlo. Era un circolo vizioso. Mi mancava un’ancora di salvezza. Aspettavo che tutti andassero a dormire per piangere a dirotto, chiuso nella mia stanza. L’immagine della zattera deriva anche da quel momento.

La mia famiglia non mi ha abbandonato e, mentre pensavo di essere divenuto invisibile e di essere stato capace di cucire un perfetto costume, si rendeva conto della mia autodistruzione. La sera  o meglio la vigilia del mio compleanno mi hanno trascinato controvoglia (la mia) al ristorante e lì mi hanno dato i regali e i biglietti. Vi giuro mi hanno reso felice e ancora adesso quando mi sento giù, come in questo momento, li leggo e capisco quanto sono fortunato al di là di tutte le mie seghe mentali.

Mia sorella mi ha scritto:

“Non ti auguro la vita di una stella, sarebbe troppo lunga… Non ti auguro la vita di un fiore, sarebbe troppo breve… Della stella ti auguro lo splendore, del fiore l’intensità e la bellezza! Ti auguro presto un colpo di scena che ti regali un grande sorriso. Ed io sarò al tuo fianco.. Ti voglio bene”

Dai miei genitori, persone di non molte parole e di non troppe pacche sulle spalle, mi è arrivato questo biglietto:

“Ricordati i sogni vanno alimentati. Se no come si avverano?”

Il regalo della mia famiglia, oltre a un contributo economico per alcune esperienze che ho iniziato ad affrontare, consisteva in una valigetta, poco più grande di una ventiquattrore per intenderci, ricca di tovagliolini/dollari americani (il mio sogno è New York del resto). Quella è la valigia dei sogni. Perché quella diventerà il mio scrigno dove depositare le mie idee, le mie aspirazioni. Perché i sogni vanno pur sempre alimentati. Mi hanno insegnato che quando si è giù, anche se tutto va storto o diversamente da come lo si immagina, non bisogna mai lasciarsi abbattere. Un bel respiro profondo e poi proseguire convinti delle proprie capacità. Ogni volta che si è giù, occorre fermarsi e prendere carta e penna e iniziare a scrivere. Ma non a caso. Bisogna scrivere ciò che si desidera, ciò che si vuole dalla vita. E bisogna sapere che fino a quando ci si crederà, tutto sarà possibile e sarà così. La valigia dei sogni è lì a fianco a me. Sempre. Giace sul letto silenziosa a ricordarmi che comunque non sono solo. Giace sul letto a ricordarmi di non rinunciare mai, di vivere la vita e anche se ho paura di qualcosa di affrontarla lo stesso. Avrò solo da imparare.

A fine anno si fanno i buoni propositi. Io voglio spingermi oltre. In questo momento, sto scrivendo tutti i miei desideri su un foglio di carta. Dal più spirituale al più materiale. Cerco di infondergli la mia più grande fiducia, nonostante le lacrime sparse in questo momento. E lo depositerò dentro la mia valigetta dei sogni. La mia sensibilità e la mia anima sognatrice non devono trasformarsi esclusivamente nel mio punto di debolezza. Devono essere la mia roccia. Sono i miei più grandi vantaggi. E non permetterò a nessuno di portarmeli via.

Depositerò in questa valigetta anche uno speciale ringraziamento verso tutti coloro, quegli amici e non, che in qualche modo mi hanno influenzato nel bene o nel male in questo 2012 e non solo. A loro va un grande augurio perché passino momenti e periodi migliori.

Ora chiudo la mia valigia. La stringo forte a me. Con un grande sorriso.

Buon 2013 a tutti. Al prossimo anno 🙂

@aMe
Andrea Magliano

Ai blogger – Auguri di fine anno

30 Dic

Carissimi blogger,

se possibile mi farebbe piacere condividere con voi un breve pensiero. Perché la fine di dicembre coincide non solo con l’arrivo dell’oroscopo dell’anno nuovo di Paolo Fox, ma anche e soprattutto con la necessità di tirare un po’ lo somme su quanto è trascorso negli ultimi mesi. E tra queste c’è anche l’iscrizione a WordPress e l’apertura di questa piazza pubblica.

Ho aperto il blog lo scorso 11 novembre per tanti e diversi motivi, come ho più volte ribadito qua e là. Non mi ripeto, ma il suo fine era all’epoca prevalentemente liberatorio e terapeutico. Non sono mai stato molto fortunato nei rapporti umani. Non che questo voglia dire che sia solo solo. Al solito famiglia e qualche amico più stretto c’è, ma in generale non sono così fortunato. Francamente inizio a pensare che sia per lo più per colpa mia. Magari invece non ho ancora incontrato le persone a me più adatte o semplicemente ho conosciuto quelle sbagliate. O ancora sono io a essere sempre insoddisfatto. La verità al solito è nel mezzo. È una concausa di tutte le varie ipotesi.

Però alla fine mi chiudo a riccio, cercando di costruire una facciata esterna con cui sorridere sempre e dire che tutto va bene mentre lentamente incomincio a sgretolarti. Credo sia più facile aprirsi a un pubblico di sconosciuti o di tuoi amici e conoscenti da dietro a un monitor piuttosto che dal vivo. Metteteci un po’ l’orgoglio, un po’ che vige la mentalità che diventare adulti vuol dire soffocare esternamente le proprie emozioni e che soprattutto per un uomo significa dover essere sempre forte e impassibile, altrimenti sei una femminuccia.

Non sono così. Non mi vergogno a mostrare i sentimenti. Ho provato a soffocarli come altri, ma non ci riesco. Ho imparato che se voglio sono capace ad affrontare i problemi di petto. Certo non sempre con successo, ma se voglio le palle le ho. E cerco di reagire alle situazioni. Certo alla mia maniera. Ma sono fatto così. Cerco di essere me stesso fino in fondo.

Poi gradualmente ho iniziato ad avere le prime visite da voi blogger esterni a me totalmente slegati e a capire come funziona WordPress (mi ci vuole un po’, ma ci arrivo) e ho iniziato a scoprire un mondo totalmente nuovo. Un mondo fatto da persone chi più e chi meno interessanti, originali, spiritose. Come in tutti gli ambienti del resto. Ma un mondo fatto da persone nuove con cui condividere qualcosa. Persone che bene o male ti possono dare diversi input, spesso inconsapevolmente.

Alcuni blog che ho letto sono ricchi di un forte ottimismo, altri di molto pessimismo. Neanche. Direi più rabbia, amarezza. Altri sono folli nel senso buono del termine. Artistici, sentiti, giocosi, magici, poetici, culturalmente nobili. Ognuno di loro è speciale a suo modo. Da ognuno di loro posso e sto imparando qualcosa. Sto imparando, per esempio, ma qui forse è più una conferma, che molti sentimenti, emozioni, paure o riflessioni che profondamente ho è condivisa da tanti altri. Che tanti vogliono tirare fuori una voce per farsi ascoltare. Per dire io ci sono. Sto scoprendo nuove lezioni. Che non sono il solo. E che non sono solo.

Magari non sono così intelligente da avere la capacità di comprendere ogni singola parola che scriviate, né riuscirò mai a comprendere le storie che soggiaciono i vostri interventi. Ma sono un ventaglio interessante e variopinto di umanità. E sono contento di poter leggere le vostre riflessioni. Tendo a mettere magari soltanto un mi piace, piuttosto che a commentare, non per cattiveria, ma per un po’ di vergogna iniziale. Ma se c’è un mi piace è perché è un mi piace sentito. Provo, mi sforzo di capire e di non fraintendere.

Alcuni blog sono molto ben strutturati. Spesso mi è capitato di trovarne alcuni dove è chiarissimo di cosa vogliono trattare. Storie di viaggi, recensioni di cinema. Oppure sono scrittori, poeti, musicisti, illustratori, disoccupati. Io non sono riuscito a dare un’anima magari così chiara e definita al mio blog. O meglio, gliel’ho data per via traverse. Sono io. Sono io l’anima poco chiara e al tempo stesso definita e dunque cerco di spaziare, ma francamente a volte con risultati pessimi. Non sono così bravo a scrivere. Sto riscoprendo il mio lato umanistico nel corso degli ultimi anni. E, come magari i più attenti noteranno, credo di soffrire da un forte bipolarità, passando da un giorno di estrema gioia a uno di totale disperazione.

Insomma, tutto questo per dire che cosa? Beh è una bella domanda effettivamente! Forse semplicemente, vi voglio ringraziare. Non solo per chi mi segue e mette mi piace o commenta i miei interventi, sperando sempre che possano lasciare qualcosa e non siano soltanto parole al vento. Ma soprattutto vi voglio ringraziare per i vostri articoli che mi permettono di scoprire, conoscere, riflettere. E aprirmi la mente, emozionarmi.

Auguro a tutti voi un buon 2013 con ben un giorno e mezzo di anticipo e tanti grandi successi!

Un saluto

Andrea

Fuga

28 Dic

Sono stanco.
Sono un vortice in movimento.
Sono stufo di tante cose.

Vorrei urlare a squarciagola.
Vorrei ribaltare questa tavola imbandita.
Vorrei spaccare quelle finestre decadenti.

Lanciare lontano i piatti ben ordinati.
Gettare al vento i fogli ben impilati.
Far saltare le maschere ben congegnate.

Odio questa discarica.
Odio questo vecchio magazzino abbandonato.
Odio questo luridume.

Ballare senza sosta.
Ballare in loop.
Ballare fino a trasformarmi.

E poi fermarmi.
E avvicinarmi a quello specchio morente.
E fissare il mio riflesso.

Sul mio volto bagnato da due strisce nere.
Non piango lacrime.
Piango il nero.

E ridere a crepapelle.
E capire il senso delle cose.
E uscire da quel vecchio capannone.

Sono felice 🙂

©aMe
Andrea Magliano

Eroi

28 Dic

Non lo avrei mai detto, ma Ralph Spaccatutto è stato una fucina di idee e pensieri. Amo andare al cinema e lasciarmi emozionare. Soprattutto amo il cinema quando è capace di trasmettermi messaggi, immagini, emozioni. E anche parole. Cosa che non succedeva da un po’ di tempo. E giunge in un momento inaspettato. Forse sono solo io un pochino più reattivo in questo periodo. Non lo so.

Il tema che vorrei trattare appare ai più molto banale. Tuttavia è proprio nella banalità che spesso si nascondono i messaggi migliori.  O, più semplicemente, è bene ribadirlo di tanto in tanto per ripassare una vecchia lezione che tendiamo a dimenticare. Sto parlando degli eroi.

Non sono necessariamente gli eroi in calzamaglia. Coloro che ci proteggono da una minaccia mortale, talvolta sovrannaturale.
Non sono necessariamente gli eroi in divisa. Coloro che ci difendono dai criminali o che ci soccorrono in caso di incidente.
Non sono necessariamente gli eroi in casa. Coloro che ci aiutano a crescere e ci influenzano con la loro saggezza.

Gli eroi che intendo sono quelli che implicitamente non sanno di esserlo. Perché chiunque può diventarlo, senza obbligatoriamente volerlo. Perché dico questo? Vi spiego meglio.

In una scena del film Disney – di cui forse farò una recensione alla mia maniera -, i due protagonisti, lo Spaccatutto e una bambina glitch di un gioco di corsa, Vanellope, stringono una profonda amicizia pur battibeccandosi senza sosta. La bambina vorrebbe gareggiare per dimostrare di essere una vincente, mentre Ralph ha un disperato bisogno di una medaglia per assodare che anche lui è buono, nonostante la sua natura da antieroe. I due creano un team improbabile, unendo i loro caratteracci, per costruire una nuova vettura. Ci riescono e la bimba, affezionatasi all’omone, lo ricompensa con una medaglia fai da te. È un ciondolo a forma di cuore su cui è incisa la scritta tu sei il mio eroe. Poco dopo, seppure con un inganno – che qui salto per non dilungarmi troppo -, Ralph, per il bene di Vanellope, è costretto a distruggere il kart e a ferirla profondamente. Lo fa, nonostante tutto, a malincuore pur di evitarle in un secondo tempo una sofferenza ben maggiore.

A volte, quando si vuole bene a una persona, per farla stare meglio bisogna farla soffrire…

Ho trovato quella scena brutale. Come ricevere un pugno nello stomaco. Cattiva, ma al tempo stesso dolce. Ingiusta, ma nonostante tutto giusta. Non c’era cattiveria nel gesto compiuto da Ralph perché lui agiva soltanto nel bene di quella bambina. Lui è stato a suo modo un eroe. Eppure incompreso.

Ci insegnano sempre a distinguere il giusto e il sbagliato. Da bambini ci dicono che il mondo è governato da due entità, il bene e il male. Il bianco e il nero, che sono sempre facilmente individuabili e distinguibili. Quello che ci accorgiamo crescendo è che la vita non è tuttavia un percorso lineare. Niente ha una sua collocazione univoca. Perché a nessuno è stato donato il dono dell’onniscienza. Il bianco e nero si fondono nel grigio, ma ne esistono varie tonalità e sta a noi riconoscerle. La bontà di Ralph sembra un gesto di profonda cattiveria agli occhi di Vanellope. Lei non può sapere che quell’atto tanto odioso è in realtà fatto per la sua felicità. La migliore intenzione è così liquidata nella più alta accezione negativa fino a chiudere un rapporto umano di cotanta bellezza.

Allora ripensi a tutte quelle situazioni che, per amore verso una persona a te cara, hai dovuto farla soffrire. Farla piangere e farla sentire sola per permetterle di crescere e di diventare adulta. Per evitarle un dolore più acuto. E sai che non riceverai un grazie, ma sarai bollato come il cattivo di turno. Perché comunque quello sei. Al di là delle buone intenzioni. Colta la tua profonda tristezza interiore, leggermente ridotta dalla consapevolezza di aver agito in positivo per la persona da te amata, ti appoggi allo schienale della sedia e guardi, pensieroso, il cielo. Quante volte la gente allora ti potrebbe aver trattato male, ferito nel profondo, esclusivamente per il tuo bene? Ti insegnano a non fermarti mai alla prima apparenza e a vedere sempre i lati positivi. Ma come puoi fidarti di coloro che ti tradiscono? In quel caso il male è ancora maggiore, perché proviene da chi ti sta vicino. Ma non puoi sapere che dietro quel gesto c’è soltanto amore e la speranza di poterti salvare.

Sono gli eroi migliori. Quelli che non girano con le medaglie sul petto. Quelli che si muovono defilati nell’ombra. Quelli che soffrono in silenzio perché sanno comunque di averti deluso. Non possono raccontarti la verità, perché il loro gesto perderebbe di significato e non avrebbe più il suo scopo terapeutico. Magari crescendo capirai le reali intenzioni di quelle azioni. Anche se probabilmente sarà troppo tardi per potergli dire grazie. Per potergli dire scusa.

È un mondo folle, estraniante. Dove non esiste un confine etico o morale. Mi accorgo che la vita è realmente vissuta quando si fanno delle scelte. Quando si è fautori del proprio destino e si accettano anche i rischi e le conseguenze delle proprie azioni. Anche questi sono gli eroi. A volte vorrei vivere in un vecchio film dove la morale è una e una sola e i buoni e i cattivi sono sempre definiti. Ma so che quella non sarebbe vita. Sarebbe comunque una prigionia. Più subdola.

L’uomo ha un perenne bisogno di sentirsi salvato. Dobbiamo credere nell’esistenza degli eroi. Dotati di superpoteri. Crediamo che arrivino dal cielo. Volano lassù tra le nubi. Alziamo lo sguardo, guardiamo fuori dalla finestra, sperando che qualcuno ci soccorra. Mentre ciò che dovremmo fare è abbassare la testa. E guardarci intorno. E diffidate da chi vi dice che non ci crede.

Gli eroi sono lì. Ci stanno accanto sempre e costantemente. Inconsapevoli delle loro abilità. Delle loro influenze.

In questo momento non so se mi sento peggio per non essere salvato.
O perché mi accorgo di non essere in grado di salvare quelli a cui voglio bene.

Mi sento un’anima vagabonda in questa terra che chiamano vita.
Aspettando la prossima invocazione.

@aMe
Andrea Magliano

Paperman di John Kahrs

27 Dic

Stai aspettando il treno, come tutte le grige mattine. D’un tratto si alza una brezza più forte. Che ti ruba un foglio di mano. Che colpisce il volto di una ragazza lì in attesa. Cerchi di riprendere il pezzo di carta per scusarti, ma la ragazza ride piacevolmente. Il suo rossetto ha impresso due grosse labbra rosse. Tu non capisci il motivo del suo sorriso e allora guardi quel foglio. E non puoi fare altro che ridere per l’evento fortuito. Ma nel mentre quella ragazza è già salita su un altro treno e se ne è andata. Dal finestrino lei si volta e ti guarda per un’ultima volta. E scatta qualcosa. Una scintilla invisibile nel tuo corpo.

Paperman Disney PosterQuesto è l’incipit di Paperman, cortometraggio animato con tecnica mista in bianco e nero firmato Walt Disney che precede Ralph Spaccatutto. Oserei dire un corto a dir poco stupendo. I lineamenti sono molto semplici e puliti. Si capisce che ci troviamo in qualche metropoli, forse New York. I personaggi sono chiari e dotati di una loro personalità, grazie alla forte caratterizzazione degli occhi e del volto. Non sono stilizzati o caricaturali. Il colore è assente, eccetto il rosso delle labbra, a rafforzare lo stile poetico del corto. Personalmente, questa scelta, assieme al tratto pulito, l’ho trovata estremamente efficace perché ciò che la storia vuole raccontare non è nel dettaglio, quanto nell’evento in sé.

L’attenzione è spostata su ciò che avviene. Perché il protagonista della storia, ancora prima di quei due giovani ignari, è il caso. Genericamente il destino. La casualità che porta due persone a legare le loro esistenze in modi a loro totalmente oscuri. Una lieve brezza che tu non puoi controllare trasforma una giornata come le altre in un evento eccezionale. Ti mette sulla strada una persona sconosciuta, ma speciale. Non lo sai il motivo, ma sai che è così. Quella persona ti dice inseguimi. Eppure fugge.

Quella fugace immagine ti riempe il cuore e riscalda la tua giornata. Con quella visione, ti avvicini alla scrivania dove posi il reo foglio. Intanto il capo ti ha affidato una nuova pila di moduli da compilare. Il vento cerca di strapparti di nuovo quel pezzo magico, ma con tutte le forze non glielo permetti. Devi tenerlo con te. Qualcosa che ti dica che ciò che hai visto non era un sogno. Ma era reale. Era concreto. Poi, quando capisci di aver vinto su quel soffio d’aria, alzi lo sguardo e scopri che il tuo angelo è al di là della strada. Qualche piano più basso. Provi a urlarle di voltarsi, ma lei non può sentirti e il tuo capo ti riprende. Così ti viene un’idea. Prendi un modulo e lo trasformi in un aeroplanino. Lo getti al di là e speri che raggiunga il mittente. Ma l’aeroplanino cade. Provi con un altro. Ma scontra il muro. E ancora un altro. Ma atterra sulla scrivania sbagliata. E continui. Fino a quando ti accorgi che i moduli sono finiti e ti resta soltanto il foglio magico. Hai un’ultima possibilità. E affidi le tue speranze a quel foglio. E fallisci.

Lei sta per andarsene. Ti resta solo una cosa da fare. Abbandonare il tuo lavoro e correrle incontro. Devi fregartene del resto. Arrivi affannato in strada. Eviti le macchine. Ma lei non c’è. Ha già girato l’angolo e non c’è più modo di vederla. E ti senti frustrato. Sei arrabbiato perché quella visione è reale, ma sfuggente. La vuoi conoscere, ma lei non si lascia prendere. E ti incammini desolato e furioso lungo il tuo cammino.

Paperman - Lui

Da qui spoiler. Tutti gli aeroplanini che hai gettato si sono raccolti in un vicolo. Il vento li sospinge in una strana danza che ti ingabbia. Tu triste innamorato. Non puoi fuggire. Lasciati trasportare. Intanto il foglio macchiato vola lontano fino a raggiungere la bellissima donna. È un invito. Seguimi, le sta dicendo. C’è qualcosa per te. Ti sta aspettando. I cammini devono incrociarsi di nuovo. Perché i due innamorati devono stare insieme. Perché il destino vuole così. Perché questo è l’amore. Fine spoiler.

Vi giuro. Ho faticato a trattenere le lacrime alla fine. E qualcuna è scesa lo stesso. In quel momento ero felice di indossare gli occhiali per nascondere un po’ la mia evidente emozione. Mi lascio trasportare dalle storie e le voglio vivere non da spettatore, ma da protagonista. Io sono quei personaggi sullo schermo. Sono quei due innamorati che per puro caso si incontrano. Vivono l’atto dell’innamoramento. Quel momento magico, cullati dalla brezza. Quel vento. La mano del destino. È la bellezza della vita. La sua imprevidibilità. Il caso culla il nostro vivere e ogni tanto si diverte a inserirsi prepotentemente per ricordarci che c’è e non ci abbandona. Occorre lasciarsi trasportare dal momento, non preoccuparsi del resto e delle conseguenze. La vita è una sola.

Il destino con me si diverte tantissimo. So che cosa vuol dire. Tante delle cose più strane e belle, a volte anche assurde, successe quest’anno sono state gestite proprio dalla fatalità. Lo stesso fato che mi vuole dire che le cose belle si devono conquistare e che nonostante tutto non bisogna mai dare nulla per scontato. E lo stesso destino mi ha voluto far vedere questo corto proprio adesso.

Vi propongo per ultimo la colonna sonora di questa magnifica poesia visiva. Musicata da Christopher Beck, è una gioia per le orecchie. Non solo per il cuore e per gli occhi.

Inguaribili romantici, vi auguro di recuperare al più presto questo cortometraggio. Perché talvolta la semplicità è la chiave migliore. E non smettete mai di credere. E sperare.

Un abbraccio.

@aMe
Andrea Magliano

Paperman - Incontro