È da tanto che questo blog giace nel totale silenzio. Sicuramente non è una perdita per l’umanità. Però il silenzio è stato virtuale, perché le parole non hanno mai smesso di abbandonarmi. E di pagine e conversazioni ne sono state scritte. Molte.
Intendiamoci, non è successo alcun evento negativo. Solo tanti piccoli episodi, né belli né brutti, che sommatisi mi hanno portato a interrogarmi sull’uso delle parole. Vorrei aver la grande intelligenza di un filosofo e dare un senso profondo a quanto succede, ma la verità è che non ne ho le capacità.
Non so come strutturare questo articolo. Parto da due dei tanti stati di facebook che ho pubblicato in questi giorni:
Per citare Ligabue:
“Ho perso le parole, eppure ce le avevo qua un attimo fa”.
Cercando ispirazione per il cosa e per il come.
Non vi capita mai di avere tanto da dire ed eppure non riuscire a farlo? Ho scritto e riscritto varie lettere, perché ho molto da dire. Ma ogni volta le ho cestinate. L’ispirazione arriva nel sonno. Mi suggerisce le frasi e il modo di dire determinati concetti. Concetti che avrebbero potuto provocare sorrisi, spaventare o far star male. Credo che quando si vuole bene a una persona, a volte per far del bene sia necessario far del male. All’altra persona e a se stessi.
Ho imparato che le parole hanno una grandissima forza.
Ma altre volte ho conosciuto la loro totale inutilità…
Non ho un fisico possente e mi ribadiscono tutti che devo mangiare un po’ di più ché sono troppo magro. Non ho mai dato troppo peso alla fisicità del mio corpo, ma alla profondità della mia anima. Sono convinto che faccia più male la parola che un pugno. Il dolore fisico passa, ma la parola lascia un segno spesso indelebile. Anche in maniera inconsapevole. Ho ricevuto qualche complimento in questi mesi su quanto riesca a spronare gli altri e a trovare sempre la buona parola per tutti. Ma in realtà non credo di fare niente di che. Osservo le persone e vedo i loro pregi, le loro forze e cerco di rimetterli in carreggiata se vanno fuori strada. Cerco di ricordargli qualcosa che hanno momentaneamente dimenticato. Ed eppure a volte mi fa star male sapere che qualcuno è in difficoltà. Ha bisogno di una mano ed eppure non riesce ad accettare l’aiuto, perché questo vuol dire scoprirsi e lasciar entrare un’altra persona. E allora mi sento impotente. Naturalmente non sono un ente benefico che aiuto la prima persona che passa.
Alcuni brevi pensieri su due interventi del blog, Necrologio e Innamorarsi. Ultimamente ho cercato dei titoli che fossero d’impatto e in un certo senso altisonanti. Necrologio voleva giocare sulla contraddizione con il contenuto che effettivamente era vivo e parlava di un vivere, non di un morire. O meglio il necrologio rappresentava per me la morte dell’apparenza e della superficialità, per sostituirlo con l’essere. E ad alcuni di voi quel titolo ha provocato una reazione. Ma vi racconto di una che mi ha fatto un po’ ridere da parte di un caro amico che vedendo il titolo del post su facebook mi ha chiesto se andasse tutto bene. Dico di sì e gli domando se ha almeno letto il contenuto. Naturalmente la risposta è negativa.
Innamorarsi ha nuovamente provocato reazioni. Belle, indubbiamente, anche da parte di persone che non me lo aspettavo. Vi state chiedendo se c’è una ragazza a cui è rivolto e chi è? Beh, mi spiace deludervi, non lo so. L’articolo fu scritto inconsciamente, perché avevo voglia di essere positivo e di pensare a qualcosa di bello. Iniziavano le prime giornate di primavera, di fiori che sbocciano e di amori che nascono. Ho messo insieme qualche immagine, ascoltando la giusta canzone in sottofondo, e ho dato sfogo al mio inconscio. Le reazioni degli altri mi hanno portato a interrogarmi su che cosa volesse dirmi il mio io nascosto e tuttavia non c’è ancora una risposta chiara.
La domanda che mi faccio a volte è: ma se io avessi scritto un testo di un serial killer che squarta le persone, avreste pensato che io ero un sadico malato? Perché se ve lo state chiedendo, la risposta è nettamente e certamente sì. E badate bene, la mia non è una lamentela, ma è una pura curiosità. Non posso non farmi domande, perché solo domandandosi si impara e si continua a crescere. Voglio essere e sono un esploratore. E ad Aprile, grazie all’uso della parola, ho collezionato una lunga serie di fraintendimenti.
Un’ultima considerazione sulle parole. Vi capita mai di ascoltare o leggere qualcosa che immediatamente vi piace, ma che poi vi accorgete di non averne mai colto profondamente il senso finché d’un tratto capita qualcosa, una sorta di epifania, che vi svela la vera potenza di quel messaggio? Io me ne sono accorto con questa canzone di Arisa:
E per evitare fraintendimenti, questa canzone non è rivolta a nessuno. Mi è capitato di riascoltarla per caso l’altro giorno. Anche se in verità volevo solamente condividerla con voi – risata maligna -.
Tutto questo per dire che cosa? Beh che oggi per la prima volta, mentre ero sulla fermata in attesa dell’autobus e mi facevo altamente i fatti miei, uno sconosciuto si è avvicinato in macchina e ha provato ad adescarmi offrendomi un passaggio. Dite che mi devo iniziare a preoccupare? Perché eventualmente la prossima volta mi piazzo un bel cartello con scritto “non in vendita!” eheh
A presto!
@aMe
Andrea Magliano